Marianna, l’addio a un anno dalla morte 

La donna, 39 anni, è stata uccisa dal compagno nelle case popolari di Millan. Il saluto commosso di chi l’ha vista crescere 


di Massimiliano Bona e Fabio De Villa


LAZFONS. «La vita è un enigma eterno, la morte resta un mistero»: i familiari di Marianna Obrist, la 39enne uccisa dal compagno poco meno di un anno fa nelle case popolari di Millan, nella zona sud di Bressanone, hanno salutato la loro congiunta nella chiesetta storica di Lazfons, il paesino che l’ha vista crescere, 1400 anime in tutto. Un Comune in cui tutti si conoscono e si chiamano per nome. Non c’era la bara ma solo un’urna, che poi è stata pietosamente sistemata nella tomba di famiglia al termine di un commovente corteo a cui tutti hanno partecipato in religioso silenzio. Per rispetto del dolore dei familiari più stretti di Marianna, i fratelli Erika e Martin con le rispettive famiglie. La cerimonia si è svolta in due momenti diversi: nella «Frauenkirche», sopra il paese – una chiesetta piccola e accogliente dove è stato recitato il rosario – e nella grande parrocchiale, gremita più di quanto ci si potesse aspettare, visto che il grave fatto di cronaca risale al 21 agosto dello scorso anno. Proprio in questi giorni – e anche ieri se ne è parlato a margine della funzione - si sta celebrando il processo a carico del suo assassino, il compagno Rabih Badr, per il quale la Procura ha chiesto l’ergastolo contestandogli tre aggravanti pesanti come macigni dell’omicidio volontario: il fatto di aver agito con crudeltà, di aver approfittato della condizione di «minorata difesa» (Marianna non era in grado di difendersi) e la sua posizione di convivente. La 39enne di Lazfons si fidava di quell’uomo e mai avrebbe pensato di venire uccisa in modo brutale da una persona che avrebbe dovuto invece proteggerla. La perizia dei carabinieri ha stabilito che le tracce di sangue sulla mazza trovata in casa sono della vittima e lo stesso imputato ha sostanzialmente ammesso di aver utilizzato dapprima il manico in legno di una scopa (che si spezzò), poi la mazza da baseball e infine un coltello. Spegnendo, così, il sorriso dolce della sua compagna che sicuramente sognava e meritava un’altra vita.

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