DIFFERENZIATA

Dove gettare la bio-plastica? Non certo nell'umido

Dovrebbe finire nel bidone del residuo



BOLZANO. Plastica, le aziende che la producono verranno tassate: 45 cent al chilo. A compensare la batosta sono stati messi in campo incentivi per la riconversione alla produzione di “bio-plastica”, un materiale che le famiglie italiane già cominciano a conoscere e che presto avrà un boom. Di cosa si tratta? Di prodotti creati partendo da materie prime vegetali e che pertanto sono biodegradabili, ma che non hanno la caratteristica di essere anche compostabili. Detto in parole povere: se buttate nel bosco un piatto, un sacchetto della verdura o una forchetta di bio-plastica con la scritta “biodegradabile”, questi oggetti prima o poi si decomporranno (la plastica no). E questo è un bene per la natura. Il problema è che oggi il marketing sta facendo passare come compostabili questi prodotti che compostabili non sono affatto. Col risultato che negli impianti di raccolta dell’umido di Alto Adige e Trentino stanno finendo sempre più rifiuti impuri, gettati dai cittadini (in totale buona fede) nel sacchetto dell’umido, ma che lì dentro non devono andare. I dati certificano le preoccupazioni: fino all’anno scorso l’impurità del rifiuto umido raccolto in regione si aggirava intorno al 3%, quasi perfetto. Oggi ci avviciniamo al 10%, cioè si sta peggiorando. Il dato inizia ad allarmare i responsabili di Ecocenter Bolzano e Bioenergia Trentino, che ogni giorno assistono impotenti alla “contaminazione” dei mastelli dell’organico che finiscono nei loro impianti (Cadino e Lana): «Sacchetti della verdura, borse della spesa, confezioni di surgelati, piatti e forchette. Oggi è tutto “biodegradabile” - dicono i tecnici degli impianti regionali - ma non per questo il materiale va gettato nell’umido. E il motivo è semplice: perché non riusciamo a lavorarlo. Il tempo di trasformazione del prodotto umido standard è 23 giorni, queste bio plastiche, invece, impiegano mesi se non anni per trasformarsi. Tempi non compatibili con le lavorazioni dei nostri impianti super tecnologici. E se non si decompone, il materiale continua a girare nell’impianto per anni col rischio di intasare tutto». E attenzione, che l’allarme non riguarda più solo i nuovi sacchetti della verdura o le borse della spesa. «Quelli sono il problema minore - assicurano i tecnici - perché ormai nei rifiuti organici troviamo piatti, forchette, contenitori di gelati, deodoranti. Tutto gettato lì perché c’è scritto biodegradabile». E la beffa maggiore è che si sta convertendo alla bio-plastica pure la grande utenza, cioè mense, catering, feste e sagre: tutti in buona fede e tutti a utilizzare piatti di carta che di carta non sono e che poi finiscono a intasare gli impianti.

Ma allora dove va gettata tutta questa roba? Andrebbe messa nel sacchetto del residuo. Sì, avete capito bene: nel residuo, indirizzata all’inceneritore per essere bruciata, altro che compost. La soluzione quindi è: non cambiare le proprie abitudini nella raccolta rifiuti, non lasciarsi sedurre dalle sirene della bio-plastica. Nell’umido vanno solo i resti di cibo













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