BOLZANO

Il convegno Eurac: "Abituati alle minoranze ma non tolleriamo l’altro"

I ricercatori: in Alto Adige pluralità linguistica ed esperienza nei diritti altrui anziché favorire  l’integrazione degli extracomunitari pare l’abbiano ostacolata



BOLZANO. Siamo diversi ma facciamo fatica ad accettare la diversità. E' questa la trappola culturale in cui è finito l'Alto Adige: "Le pluralità linguistiche, la lunga esperienza nella gestione dei diritti delle minoranze - dice infatti Ingrid Kofler, ricercatrice Eurac - invece di favorire, come uno si aspetterebbe, politiche di integrazione degli stranieri e dunque dei diversi, hanno avuto un ruolo più di ostacolo che di opportunità". Stiamo arrancando, preda di paure e di resistenze. In netta contraddizione , tra l'altro, col nostro (presunto) patrimonio di esperienze sul campo.

Tanto che la provincia è nella più estrema retroguardia nazionale nella costituzione degli Sprar e nella redistribuzione delle quote. 

Un'altra asimmetria tutta nostra? Il rapporto profondamente sbilanciato tra città e campagne, tra centri urbani e valli.  Se all'inizio del 2017 risultavano residenti in Alto Adige quasi 50mila "non cittadini italiani" (il 9% circa della popolazione) , oltre il 62% di loro vive in centri con più di 10mila abitanti. Ma guardando dentro i numeri e andando al dunque, è solo Bolzano ad essere sotto una reale pressione: un terzo della popolazione straniera vive infatti nel capoluogo. Che si trova dunque schiacciato da due fenomeni: la resistenza ("inaspettata" secondo i ricercatori) del territorio e l'assenza di una reale volontà politica di redistribuzione dei flussi migratori. 

Città in minoranza tra le minoranze, dunque. Numeri, ricerche e analisi, queste, emerse ieri all'Eurac nel corso di una due giorni sul tema "L'immigrazione straniera nelle Alpi". 

 













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