Memoria

«Inciampare significa ricordare»

Carla Giacomozzi ha presentato la mostra “Pietre d’inciampo, una scultura speciale che unifica la memoria europea” inaugurata ieri alla Galleria Civica: “Le pietre nascono come opere d’arte e rendono materiale il rapporto tra noi e chi ha pagato il costo delle dittature”


Paolo Campostrini


Bolzano. Bolzano andrà in via Milano, al civico 31, e fisserà sul selciato sei nuove pietre d'inciampo nel luogo dove vivevano i "7 di Gusen". Furono i nostri martiri operai. Resistenti clandestini, arrestati, torturati e messi su un vagone piombato per finire assassinati in uno dei più terribili lager tedeschi. Ma perché sei pietre se sono stati sette? «È lo schema regolamentare delle pietre - dice Carla Giacomozzi - il quale prevede che vengano poste laddove chi si vuole ricordare visse. Lo faranno nella sua città». Perché, intende dire la responsabile dell'archivio storico del Comune, il senso delle pietre è «far inciampare» i cittadini laddove cittadini come noi, oggi, hanno vissuto e lavorato allora e dalle cui case sono stati strappati. È questo legame tra luogo, vita e lavoro che fa delle pietre quello che sono. Stanno davanti ai portoni degli ebrei bolzanini in centro storico, ad esempio. Tra i cubetti che avranno calpestato ogni giorno per andare all'asilo - come la piccola Olimpia Carpi - o al lavoro, come i tanti professionisti, commercianti denunciati nel '43 da ossequiosi vicini di casa. Si inciampa dove queste persone sono uscite di casa per l'ultima volta, trascinati via dai nazisti e rinchiusi prima nel lager di Bolzano e poi assassinati a Dachau o ad Auschwitz. Su questa geografia della memoria ha aperto una mostra alla galleria Civica ieri ("Pietre d'inciampo, una scultura speciale che unifica la memoria europea", fino al 28 febbraio) ed è stata proprio Carla Giacomozzi ad allestirla. E chi se non lei? Pensiamo soltanto che fu per suo merito e per via di un impregno senza respiro che Bolzano conobbe nomi, cognomi, storie e volti delle migliaia di internati nel suo lager, quello in via Resia, di cui quasi nessuno immaginava neppure l'esistenza dopo la massiccia opera di rimozione avvenuta nel dopoguerra. Si dovevano pacificare le due comunità, dunque meglio tacere quelle di ambedue. Invece no. L'Archivio storico divenne il collettore di una memoria collettiva che rischiava di disperdersi. Carla Giacomozzi ricevette migliaia di telefonate, telegrammi, lettere, fotografie da famigliari di tutta Italia che finalmente provavano a ricucire, dentro una memoria collettiva, i fili della loro memoria individuale e famigliare.

Carla Giacomozzi, perché è meglio inciampare che proseguire a volte?

Ci si ricorda che lì, a quel numero civico, in mezzo a case e negozi vivevano persone che hanno pagato il costo delle dittature.

Non è male come lezione di storia no?

Direi. Il senso delle pietre è rendere materiale questo rapporto tra noi e loro, tra passato e presente.

Serve una mostra su questi inciampi di cui si parla da tempo ormai?

Ci si accorge ogni giorno che, al di là della cerchia degli interessati, non è che se ne sappia molto di queste installazioni.

Perché parla di installazioni e non di piccoli monumenti al ricordo?

Per la ragione che nascono come opere d'arte. Sono vere opere d'arte. E hanno misure precise: 10 centimetri per 10 e 12 di profondità. Sono arte perché pensate da un artista, Gunter Demnig. Voleva ricordare le vittime del nazismo. In questo modo le pietre sono diventate più che un ricordo.

Intende quasi un'azione artistica?

È così. Hanno una doppia funzione. Quella di incuriosire e sconcertare, nell'immediato. E dunque di creare interrogativi.

Come fa spesso l'arte contemporanea?

Appunto. Ma poi c'è la funzione pedagogica. Le pietre parlano, nel senso che riportano il nome della vittima, sono vicine al luogo dove viveva o lavorava, riportano poi la data di nascita e quella della morte con, ben chiaro, il nome della località in cui fu assassinata.

È una memoria solo bolzanina o anche dell'intero Paese?

Le pietre sono una memoria europea. Sta anche qui il senso collettivo della loro presenza. Tutta Europa ha vissuto quegli anni tragici, è stata devastata dall'Olocausto e dalla guerra. Sono sparse ovunque nel nostro continente.

Quante sono finora?

Più di centomila. Ricordano solo una piccola parte dei milioni di vittime.

La decisione di porne altre sei in ricordo dei martiri di Gusen cosa significa?

Che si prova a mettere insieme chi fu torturato e ucciso per motivi razziali, le decine di bolzanini ebrei prelevati dal '43 in poi e che oggi costituiscono il percorso originario delle pietre nel centro storico, con chi invece subì la stessa sorte per scelta etica o politica.

I 7 di Gusen questo rappresentano per la città?

E fanno capire che Bolzano pagò un prezzo altissimo non solo in termini di vite dei nostri ebrei ma anche per il sacrificio di chi si oppose alle dittature sapendo di rischiare tutto.

Lei sta lavorando da anni al recupero della memoria anche del Lager bolzanino. Da quando?

Siamo partiti nel 1995. E qui mi va di ricordare la figura di Ennio Marcelli, da poco scomparso, con cui lavorammo per anni a queste ricerche, e pure al recupero della memoria delle Semirurali. Nel tempo si sono ritrovati nomi e volti che hanno aperto uno squarcio su migliaia di vite che passarono per il campo di via Resaia per poi finire uccisi dei lager.

Che rassegna ci attende alla galleria Civica?

Nella prima sala una serie di pannelli che spiegheranno il percorso compiuto da Bolzano dal 2015 per costruire la propria geografia delle pietre d'inciampo, questo nella città storica. Poi, nella seconda sala i documenti conservati dall'archivio su alcuni dei ricordati nelle pietre già posate davanti alle case. Storie e immagini di ebrei poi finiti nelle camere a gas.

Poi c'è il seminterrato.

Ecco, lì si parlerà anche si un ragazzo. Un giovane di soli 17 anni che partì da Bolzano chiuso nello stesso vagone dove furono gettati i nostri sette operai poi uccisi a Gusen. Era di La Spezia. Anche lui non tornò più.

Insomma, la ricerca dei sommersi continua.

Sarà ancora lunga.













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