Migranti, tre espulsioni al Cas in zona industriale 

Un centro collaudato. Quasi tutti i profughi lavorano nell’industria e in agricoltura Dopo Trieste è una delle strutture più efficienti in Italia in termini di accoglienza


Bruno Canali


Laives. È più di un anno che in zona industriale sud è stato aperto un Cas (Centro di accoglienza straordinaria) in grado di ospitare una sessantina di profughi. È una presenza estremamente discreta, e il consigliere comunale Dario Volani (lista Fides) con un’interpellanza ha chiesto quali iniziative nel frattempo siano state intraprese per favorire l’integrazione di questi ospiti nella società locale.

L’interpellanza ha fornito al sindaco Bianchi l’occasione per fare un bilancio dell’anno di accoglienza. «All’inizio – dichiara – fui pesantemente attaccato perché posi tre precise condizioni per accettare il Cas. La prima era che il Comune avrebbe indicato la collocazione; la seconda che gli ospiti e la struttura fossero autonomi per quanto riguardava la gestione. Terza condizione, che ci fosse la precisa volontà di coinvolgerli in attività che li tenessero occupati. Dissi subito che non avrei accettato un centro come quello di Bolzano. In una commissione europea il nostro e quello di Trieste sono stati citati come i due centri di accoglienza migliori a livello nazionale. Il nostro rigore iniziale ha fatto sì che tutto funzionasse al meglio».

In effetti, molti dei rifugiati arrivati all’inizio già avevano un lavoro e altri lo hanno trovato strada facendo. «Dal Cas di Laives (che ha una capienza nominale di 60 posti) sono passate, fin qui, 73 persone – spiega il sindaco –, e attualmente ce ne sono 38. Di queste, 16 stanno lavorando regolarmente, 10 stanno seguendo dei corsi e uno studia per ottenere il diploma di scuola media. Trentacinque sono usciti perché avevano superato il reddito minimo oltre il quale ci si deve trovare una nuova sistemazione. Le espulsioni sono state in tutto tre, l’ultima un paio di settimane fa, per comportamenti scorretti nella struttura. Ricordo infine che qualcuno degli ospiti ha anche lavorato per il Comune, per esempio ridipingendo le casette del mercatino di Natale, risanando il muro di cinta del vecchio cimitero o lavando le stoviglie nella mensa scolastica. Sono state tutte esperienze positive». Dario Volani ha ribadito che non è solo un lavoro a creare integrazione e socializzazione, ma la partecipazione concreta alla vita della comunità. Il consigliere ha anche presentato una mozione per chiedere al consiglio comunale di attivarsi per organizzare eventualmente dei festeggiamenti, anche pubblici se i protagonisti lo desiderassero, ogni volta che, in municipio, sarà data la cittadinanza italiana a qualcuno. «Questo avviene dopo un percorso di almeno 10 anni – ha spiegato Volani –, durante i quali i cittadini di origini straniere sono ormai diventati italiani a tutti gli effetti. Una festa pubblica sottolineerebbe il raggiunto traguardo fatto di diritti e di doveri sanciti dalla nostra Costituzione, come per tutti noi». La mozione è stata però bocciata dalla maggioranza del consiglio comunale, anche perché ritenuta invasiva della sfera intima e personale di chi ottiene la cittadinanza italiana. «Non servono festeggiamenti – ha detto il sindaco –. Comunque le mie congratulazioni ai neo-italiani sono quelle di tutta la nostra comunità».













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