BOLZANO

Omicidio al metanolo a Laives, il superteste: «Sparita una bottiglia di alcol»

Il collega della vittima: «Svuotata il giorno dopo, non so da chi». La difesa: «La moglie minacciata di morte la settimana prima»


di Alan Conti


BOLZANO. Potrebbe essere nascosta in una bottiglia di plastica la soluzione dell’omicidio di Josef Surkala, cittadino ceco di 42 anni, avvenuto il 13 dicembre 2013.

L’uomo assassinato aveva cacciato la moglie La donna è accusata di averlo ucciso a Laives con una mega dose di metanolo Depone un collega: «La notte prima dell’omicidio vi fu un forte litigio»

L’uomo, dipendente della ditta di Laives “Alois Defranceschi”, è stato ucciso da una massiccia dose di metanolo.

Un veleno che potrebbe aver assunto la sera dell’11 dicembre durante una festa a base di alcol nella baracca della ditta dove viveva assieme al cittadino slovacco Tomas Kocifaj e alla moglie Jana Surkalova, 42 anni, arrivata a Laives poco prima per fare visita al marito. È lei ad essere finita sul banco degli imputati: la Procura la considera responsabile dell’omicidio e le contesta l’aggravante della premeditazione. Con loro, però quella sera c’era anche l’amico e collega ceco Robert Kotulek, che è stato sentito ieri come teste in Corte d’assise.

È stato lui che, rispondendo alle domande del pm Giancarlo Bramante e dell’avvocato difensore di Surkalova Boris Dubini, ha rivelato per la prima volta la presenza di una bottiglia di plastica sospetta. «Quella sera abbiamo tutti bevuto gin e vodka da alcune bottiglie di vetro e dai bicchieri. C’era, però, anche una bottiglia di plastica con alcol puro che usiamo per i cocktail con altre bibite o succhi di frutta. Ricordo di averla utilizzata solo io, ma sono arrivato alle 21 per andare via verso le 23. Poi la bottiglia è rimasta sul tavolo. I giorni successivi, quando abbiamo capito che Josef stava molto male, abbiamo cercato di rintracciare le bottiglie di vetro nella campana, ma quella di plastica era già stata svuotata la mattina successiva e buttata. Non so da chi». Fino alle 23 l’alcol non conteneva metanolo ma è difficile stabilire se qualcuno possa aver aggiunto il veleno tra le 23 e la mattina successiva. Nella baracca, come detto, dormirono la vittima, la moglie e Kocifaj. È a quest’ultimo che guarda la difesa. «I rapporti tra lui e Josef non erano idilliaci», ha detto il legale della donna.

Inizialmente sia Koutulek sia Kocifaj erano stati indagati con la moglie. Poi la loro posizione è stata stralciata.

Il pm Bramante ha chiesto al testimone di fare luce sul comportamento di Surkalova subito dopo la morte del marito. «Quando ci hanno avvertito che Josef stava morendo non voleva nemmeno andare al suo capezzale, poi una volta morto ha chiesto ai poliziotti di distruggere tutti gli effetti personali del marito: non li voleva». Chiamato a deporre anche il fratello di Robert Koutulek, Michael. «Mia moglie mi ha raccontato che in Repubblica Ceca Jana aveva una relazione con un allenatore di calcio. Io, però, non lo ho mai visto».

La prossima udienza è stata fissata per il 24 marzo: in quell’occasione, per la prima volta, si sentirà la ricostruzione di quanto accaduto la notte dell’ 11 dicembre di tre anni fa. Due giorni dopo Josef Surkala è morto.













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