l'addio

Cultura e giornalismo in lutto per la scomparsa di Massimo Cianetti 

All’età di 85 anni è morto l’ex caposervizio del giornale Alto Adige e prima ancora inviato di Grazia. Ad annunciarne la morte la moglie Elisabeth Wolf, assessora comunale a Lagundo. La messa in suffragio il 3 gennaio



LAGUNDO. La telefonata è arrivata da Elisabeth Wolf, la moglie, assessora comunale a Lagundo: «Massimo se ne è andato». Basta così. Non poteva che “andarsene” da un’altra parte, l’85enne Massimo Cianetti. Giornalista, scrittore, uomo di mondo. In fondo, non si era mai fermato in un posto solo. Anche quando aveva trovato affetti, amore, curiosità in Alto Adige, teneva sempre negli occhi le luce rubata nei mille posti del suo cuore, dall’Indocina vista da inviato di Grazia agli infiniti itinerari tracciati quando lavorava da caposervizio per le iniziative speciali nel nostro giornale, per poi dirigerne la redazione di Bressanone.

Ma, forse, un luogo c’era, c’era sempre stato: Anqua. Nella sua Toscana. Una casa stretta dai boschi dentro la parte più nascosta e selvatica del Senese, le pietre dei muri restaurate negli anni, i materiali recuperati nei paesi vicini, a Radicondoli, a Colle val d’Elsa. A qualche minuto d’auto, c’è l’abbazia di San Galgano. Se esiste una Toscana aspra e cruda era la sua. Che appare quando si abbandona San Miniato (“al Tedesco si chiama, mi raccomando…”) e si prova a percorrere strade sterrate, con la polvere che copre il parabrezza e l’emozione di intravvedere un cinghiale che si nasconde tra i rovi, pronto a difendere i suoi piccoli se solo ci si azzarda a fermarsi. “Venite ad Anqua, ragazzi, vi aspetto…” era l’invito all’inizio di ogni estate.

Certo, non era facile arrivarci. Non tutti erano come lui: giacca e cravatta ma il passo di chi non ha paura di sporcarsi le scarpe fuori dal mondo. Che natura lì, raccontava. Deve aver preso laggiù l’idea per uno dei suoi libri di maggior successo “Quel grande paradiso”, col quale giunse finalista anche al Campiello. L’idea di un grande, vecchio stambecco, capobranco leggendario, autore di imprese che rimbalzavano tra gli animali del parco e diventavano mito per gli abitanti dei boschi d’altura. Un cacciatore, un ricco che aveva fatto fortuna a Wall Street si era comprato a un certo punto il diritto di ucciderlo. “Nella caccia cercava la rivalsa dalle sue frustrazioni “spiegava Massimo Cianetti. Che era uomo elegante e di un rigore tutto suo, quasi calvinista.

Ad accompagnare il cacciatore, si aggiunse ad un certo punto del racconto, un guardaparco. Lui aveva sempre osservato quel grande animale fiero. Lo ammirava saltare tra i ghiacciai e sparire su, in cima, in mezzo alle rocce che affioravano nella neve. Il guardaparco vede nella sorte apparentemente segnata dello stambecco, la sua. Il suo possibile destino dentro una vita che sembra sia giunta, anche per lui alla fine. E qui inizia il thriller. Perché anche Massimo Cianetti si sentiva sì un grande stambecco dallo spirito libero ma, alla fine, c’era sempre di mezzo un sottofondo di inquietudine nel suo girovagare per il mondo con dentro, tuttavia, l’ironia senza tempo dei veri toscani che fanno di tutto per non riprodurne il tic e le “c” etrusche aspirate. Ma che riemergeva nei racconti di vita e di avventura. Giornalista curioso, prima dei magazine Mondadori - da Epoca a Grazia - poi all’Alto Adige. Portando in redazione la leggerezza dell’uomo che ne aveva viste tante e che non voleva ancora smettere di cercarne. Lascia la moglie Elisabeth e i figli Matteo, Marina, Maximilian ed Elisabeth. La messa in suffragio alle 15 del 3 gennaio in chiesa a Lagundo. P.CA.

 













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