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«Invalida e con un figlio, ma a fine anno ci sfrattano» 

La storia. «Ho smesso di lavorare due anni fa. Mi muovo poco. Arranco». Il figlio 24enne fa qualche lavoretto saltuario. «Mi vogliono separare da lui ma è scorretto»



LANA. Ci sono storie di vita particolarmente difficili da raccontare. Quando lo si fa, la sensazione è sempre quella di non riuscire a mantenere quel necessario rispetto del dolore, vissuto da persone che nella testimonianza del proprio quotidiano cercano una risposta dalle istituzioni che spesso arriva, ma non come se la sarebbero aspettata.

È questo il caso della vicenda che vede protagonista una donna residente a Lana in un piccolo appartamento condiviso con il figlio ventiquattrenne.

È la signora ad avere chiamato l’Alto Adige. «Sono nata a Bolzano e ho sempre lavorato. Prima in magazzini di mele, poi in Comune a Venezia presso i servizi sociali, almeno fino a due anni fa. Ora ho una invalidità civile del 100% che non prevede revisione. Deambulo poco. Arranco», ci racconta la signora, aggiungendo tutta una serie di patologie fisiche che recentemente si sono accanite sulla sua persona.

Una malattia che tiene incredibilmente basso il numero di piastrine, con rischi continui di emorragia interna. Problemi di fegato e insufficienza renale, oltre a una recente patologia degenerativa al pancreas. «Devo tenere tutto sotto controllo e rifare la risonanza magnetica tra due anni, mi hanno detto. È che io vorrei rifarla prima, perché ho paura e aspettare e due anni mi sembra troppo», ci confessa la signora aprendo la prima crepa tra lei e le istituzioni che la seguono.

La signora vive al terzo piano di un condominio privo di ascensore, come detto, assieme al figlio, al cane e al gatto, grazie a un contratto stipulato con un privato. Un figlio che, a sua volta, lavoricchia in modo saltuario, non contribuendo in modo determinante al bilancio familiare già magro. Già, perché la signora percepisce una pensione di invalidità che si ferma a 600 euro mensili. Contro un canone di locazione di 850 euro che però non paga da aprile 2020.

Lo sfratto esecutivo, pur chiesto dal proprietario, è già partito, ma i vari decreti governativi legati alla pandemia impediscono l'esecuzione coatta, almeno fino al prossimo dicembre. «Non pago più l’affitto da quando mio marito è venuto a mancare», sostiene la signora che qui apre la sua seconda vertenza con le istituzioni. Chiede una nuova casa, sostenendo che la sua sia in condizioni non accettabili dal punto di vista igienico.

«Ho chiesto agli assistenti sociali di Lana di aiutarmi. Abbiamo anche fatto domanda all'Ipes e in teoria dovremmo entrare in graduatoria entro dicembre, perché a dicembre riparte lo sfratto esecutivo», sostiene la signora che ci fa una ammissione: «Quando chiesi aiuto ai servizi sociali di Lana non dissi che allora prendevo il reddito di cittadinanza, anche se non era sufficiente per vivere. Per questa omissione, dopo averlo scoperto mi hanno tolto il minimo vitale e ora vivo della sola pensione di invalidità», racconta la donna. A questo punto, con la sua versione della vicenda personale, la donna scava un solco tra lei e i servizi sociali che la stanno cercando di aiutare.

«Chiedo che mio figlio abbia un tetto e quattro mura. Ci è stato proposto dai servizi sociali che mio figlio andasse a dormire lontano da me e non lo trovo corretto, perché voglio continuare a vivere con lui», sottolinea la signora.













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