La Cosap diventa “milionaria” I bar riaprono tra le incognite 

Occupazione del suolo pubblico. Per l’inverno 2020 il canone aumenta di quasi 10 mila euro rispetto a 2019 e 2021 Gli esercenti godono dell’esenzione, ma neanche la ripartenza prevista per oggi sanerà una crisi sempre più pesante


Jimmy Milanese


Merano. Cento giorni totali di chiusura forzata causa Covid e un fatturato che per il 2020 subirà una riduzione per molti bar anche del 50 per cento, con un bimestre, quello di novembre e di dicembre, drammatico per via della cancellazione di eventi quali WineFestival e Mercatini di Natale.

I ristori del Governo.

A spiegare la situazione dei bar cittadini, Roberta Prantl del Piccolo. «La sicurezza dei miei collaboratori e dei clienti viene al primo posto: proprio per questo già dal 19 maggio di quest’anno, quando è terminato il primo lockdown, abbiamo investito per l’acquisto di mascherine, plexiglas e disinfettanti, rispettando tutte le regole del caso», spiega Prantl, che però tiene a comunicare il suo disagio per la situazione dei suoi collaboratori.

«Con i ristori da parte dello Stato riusciamo a pagare qualche affitto del locale, ma quello che più è pesato è stato dover mettere in cassa integrazione alternata i nostri collaboratori e rinunciare a quelli “volanti” lasciati senza ristori dallo Stato, per poi essere costretti a dover optare per la cassa integrazione totale di tutti i collaboratori nel mese di novembre, visto che non ce la siamo sentiti di aprire un bar come take away».

Allo stare alla porta del suo bar e mandare via i clienti a consumare un caffè chissà dove, con il rischio che questi potessero prendere una multa, Prantl ha preferito la chiusura totale, anche se la riapertura dei bar fino alle 18 prevista per oggi non può essere soddisfacente per chi è abituato a registrare il grosso dell’incasso nelle ore serali. «Apriamo con le regole che c’erano prima, vale a dire distanziamento e mascherine, disinfettando i tavoli, ma il problema ora è che all’esterno fa freddo e difficilmente i clienti vorranno occupare i posti a sedere nel giardino, per il quale siamo in attesa da parte del Comune dell’autorizzazione a posizionare una mini veranda», conclude Prantl.

Orari stretti.

Sulla stessa linea il collega Philip Tappeiner del Rossini, il quale però chiede una «linea univoca da parte della Provincia perché – spiega – sono stufo di riaprire e chiudere e dover dedicare tutto questo tempo alla lettura di una ordinanza ogni tre giorni, visto che noi realizziamo il 70 per cento del nostro incasso dopo le 18. Con l’obbligo di chiudere a quell’ora per me tenere aperto significa solo pagare i costi fissi e il personale».

La tariffa Cosap.

Tra incassi che latitano e spese che non diminuiscono, i baristi meranesi sono alle prese con un’altra questione, cioè l’arrivo delle fatture dal Comune nelle quali è chiesto loro il pagamento del Cosap, il canone di occupazione del suolo pubblico.

A dire il vero, un canone che almeno per il 2020 lo Stato con il decreto n.34 dello scorso 19 maggio aveva deciso che gli esercenti non avrebbero dovuto pagare, anche se per motivi apparentemente burocratici le bollette dal Comune sono già arrivate ai bar. Ed è qui che è emersa una sorpresa. Infatti, con delibera dello scorso dicembre il Comune aveva aumentato le tariffe per il 2020. Ad esempio, se per il periodo dal primo novembre 2018 fino al 31 marzo 2019 il bar Piccolo aveva pagato 4.300 euro di Cosap, per lo stesso periodo tra il 2020 e il 2021 la tariffa è ora pari a 14.082,27 euro.

Un aumento importante per un importo che i baristi comunque non pagheranno, ma sul quale il Comune potrà richiedere compensazione alla Provincia, anche se per ora i fondi provvisori messi a disposizione per la nostra città ammontano a 82.151 euro. E che la nuova tariffa Cosap fosse improponibile per i bar, è lo stesso Comune ad averlo capito immediatamente, visto che nella seduta del Consiglio comunale del 23 luglio scorso per il 2021 era stato previsto il ritorno alle tariffe 2019, solo lievemente aggiornate.













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