La «truffa del vino»: raggirato un negoziante 

Un’insospettabile signora architetta con alcuni complici un piano dettagliato Bottiglie da pochi euro spacciate per cifre da capogiro in tutto il nord Italia 


di Sara Martinello


MERANO. Dopo aver colpito in svariate città del nord Italia, la cosiddetta “truffa del vino” è arrivata anche a Merano. Protagonisti una donna elegante, un rappresentante evanescente, un fattorino e il proprietario di un’attività alimentare allettato da un guadagno corposo a fronte di uno sforzo minimo: la donna si presenta al negozio chiedendo di un vino francese e fornisce il numero di telefono del rappresentante per il Trentino Alto Adige, il proprietario si rende disponibile a ordinarne alcune bottiglie, e, una volta che queste arrivano, il fattorino scompare coi contanti, lasciando al malcapitato negoziante due cartoni di bottiglie del valore di 14 euro l’una, contro gli 80 vagheggiati inizialmente dalla donna e dal rappresentante.

La truffa del vino si basa su tre fattori, cioè la credibilità dell’acquirente, la minuziosità dell’imbroglio e l’urgenza di acquistare le bottiglie. Circa due settimane fa in un’attività alimentare di Merano si è presentata una donna dai modi affabili: «Poteva avere 55 anni – racconta il negoziante – e non aveva alcuna inflessione regionale, era impossibile ricondurla a un’origine precisa. L’impressione è stata quella di una persona simpatica e di una cliente attenta alla qualità dei prodotti, abituata a spendere con oculatezza». La donna non era nuova alle visite all’attività, visto che già l’estate scorsa era passata, in compagnia di un ragazzino di 12 anni. In quell’occasione aveva detto di essere sposata con un uomo di origine meranese e che quindi l’estate erano soliti passarla in riva al Passirio.

«L’ultima volta ha comprato alcuni prodotti, dopodiché mi ha detto che di lì a pochi giorni ci sarebbe stata la festa di compleanno della suocera, un’amante dei vini francesi. Mi ha detto di un vino particolarmente buono, vincitore della medaglia d’argento alla rassegna di Parigi del 2016, che le sarebbe piaciuto tanto portare in regalo alla suocera, per la cena». Per averlo, il negoziante non avrebbe dovuto fare altro che telefonare al rappresentante per la nostra regione, il cui numero gli era stato “gentilmente” dato dalla signora. L’uomo telefona: sbuffando come se quella fosse l’ennesima richiesta, il sedicente rappresentante gli fa sapere che il prezzo all’ingrosso è di 80 euro a bottiglia, e che la medaglia parigina impone un prezzo minimo al pubblico di 370 euro. «Ma dovevo decidermi in fretta, perché un corriere sarebbe partito per Bolzano nel giro di una mezz’ora. Quindi se volevo le sei bottiglie richieste dalla donna dovevo dirlo subito, altrimenti avrei dovuto aspettare fino a dopo Ferragosto». Il guadagno di quasi 300 euro a bottiglia a fronte di una semplice telefonata è decisamente allettante per il negoziante, tanto più che 480 euro non sono una cifra impossibile da anticipare. Ma il raggiro sta per arrivare alla conclusione perfetta.

«Il fattorino è arrivato nel primo pomeriggio. Teneva in mano due confezioni di cartoncino da tre bottiglie l’una, anziché l’imballaggio di cartone usuale: mi ha spiegato che avendo parcheggiato alle Terme gli era più comodo muoversi così tra la gente sui marciapiedi. Alla mia domanda sul nome del vino mi ha risposto che aveva un portafoglio di vini troppo ampio per ricordarsi quale mi avesse portato. La cosa mi ha insospettito un po’, ma ho pensato che fosse per il troppo lavoro. Ho fatto spallucce, gli ho dato i 480 euro e gli ho chiesto la fattura. Al che lui mi ha detto di averla dimenticata in macchina. L’ho aspettato per un’ora. Alla fine, pensando che il fattorino si fosse scordato di tornare indietro con la mia fattura, ho provato a telefonare al rappresentante per farmela inviare per e-mail: niente, ha risposto solo la segreteria telefonica. Allora ho provato a chiamare la donna, chiaramente anche lei irraggiungibile».

Il negoziante ha mangiato la foglia. Ormai era troppo tardi, però: il fattorino era scomparso coi 480 euro, e nell’alimentari erano rimaste soltanto sei bottiglie “del valore di 14 euro”, conclude il proprietario. «Un vinaccio comune con l’adesivo contraffatto della medaglia d’argento 2016. Ho controllato il medagliere della rassegna di Parigi di quell’anno, e il vino che avevo tra le mani non c’era». A questo punto è scattata la denuncia alla polizia, che ora può aggiungere la truffa meranese alla lunga lista di reati analoghi a Lucca, La Spezia, Piacenza, Pavia, Lodi, Milano e in chissà quante altre città italiane. Succede anche nei ristoranti: la combriccola fa una prima cena “normale”, poi chiede al ristoratore di ordinare un certo numero di bottiglie di vino per una cena luculliana da farsi qualche giorno più tardi, magari in occasione di una ricorrenza. La telefonata al rappresentante, l’urgenza della decisione, il fattorino. E la truffa si ripete.













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