Tratta di donne, chiesto il risarcimento 

Una delle ragazze sfruttate si è costituita parte civile: vuole 50 mila euro dagli aguzzini che la fecero prostituire



MERANO. L’orribile vicenda della tratta internazionale di donne gestita da Merano, da un appartamento di Corso Libertà, è approdata ora nelle aule di giustizia e una delle vittime si è costituita parte civile chiedendo un risarcimento di 50 mila euro ai suoi aguzzini. Era una storia davvero agghiacciante quella ricostruita dalla polizia che aveva arrestato quattro cittadini nigeriani (tra cui la coppia che abita a Merano con un permesso di soggiorno per motivi umanitari: Olivia Atuma di 30 anni e Justice Ehiorobo di 27 ) per tratta di esseri umani, riduzione in schiavitù e immigrazione clandestina

Le indagini sono iniziate quando una giovane nigeriana ha raccontato alla squadra mobile di Bologna la sua drammatica esperienza del viaggio clandestino verso l'Italia. Nel corso della sua testimonianza la donna ha spiegato agli investigatori le modalità di reclutamento in patria delle giovani e ignare donne, il trasferimento in Libia, il viaggio verso l'Italia e infine lo sperato approdo in Francia.

Le ragazze, tutte dai 20 ai 30 anni venivano reclutate in Nigeria con la falsa promessa di un lavoro in Europa, venivano sottoposte a rito Voodoo (ju-ju), in modo che fossero vincolate al pagamento del debito, circa 30mila euro le spese per raggiungere l'Italia.

Ne seguiva, nel caso non avessero corrisposto il dovuto, la minaccia di morte sia per loro che per i familiari. Una volta soggiogate venivano trasferite sulle coste libiche e rinchiuse in campi profughi nella città di Sebhrat o Tripoli, dove venivano sottoposte a numerose vessazioni e violenze.

A turno venivano imbarcate sui barconi e trasferite in Italia, dove, nella maggior parte dei casi, venivano fermate e condotte nei Centri di Accoglienza. Uscite dai centri accoglienza, venivano trasferite a destinazione in appartamenti sotto il controllo dell'organizzazione criminale. Per liberarsi da questa condizione di schiavitù, erano costrette a prostituirsi sino al totale pagamento del debito contratto per il trasporto verso l'Italia. Il provento dell'attività illecita prendeva la strada dei promotori del sodalizio e della Nigeria con il sistema del money transfer per lo smistamento del denaro illecito. In Nigeria, i soldi venivano utilizzati in parte per finanziare la prosecuzione dell'attività illecita e in parte per investimenti immobiliari delle famiglie degli indagati. L'operazione, coordinata dalla Dda di Trento, aveva visto impegnate le Squadre Mobili di Trento, Bologna, Bolzano, Viterbo e il Commissariato della Polizia di Merano.













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