Un film su Angelika Rainer la “donna ragno” meranese 

La produzione. La star dell’arrampicata nel ruolo di sé stessa ripercorre la sua vita in verticale Due anni di riprese per realizzare «My Upside Down World» della regista Elena Goatelli


Jimmy Milanese


Merano. Giornata di riprese, a inizio settimana alla Rockarena di Maia Bassa. Con il lungometraggio “My Upside Down World” la tre volte campionessa del mondo di arrampicata su ghiaccio Angelika Rainer racconta in pellicola le sue imprese. Sono due gli anni e 33 i giorni totali di riprese, con set in Alto Adige, Trentino, Austria, Grecia, Francia, Islanda e Svizzera, necessari alla realizzazione del film ambientato in montagna ma che non parla solo di cime e arrampicata. È il viaggio della vita di una campionessa dello sport, al centro della produzione della Albolina Film di Bolzano. La pellicola, in uscita ad autunno 2020, racconta la Rainer tra i ghiacci, ma soprattutto la sua indipendenza nelle scelte professionali, così come il suo ruolo di donna in uno sport tipicamente maschile.

La carriera.

Angelika, classe 1986, inizia la sua carriera proprio a Merano, quando viene inaugurata la parete di roccia e a soli dodici anni viene portata dalla madre al suo primo incontro con quelle pareti che le avrebbero fatto compagnia per tutta la vita. È la passione della madre per la montagna, quindi, ad averla spinta verso questa disciplina che sfida la forza di gravità per raggiungere la vetta di una montagna con il solo ausilio della forza dei piedi e delle mani. «Ma non è uno sport solo fisico – spiega Rainer - perché entrano in gioco sia la forza atletica sia la concentrazione, senza la quale sarebbe impossibile salire ogni gradino». Una concentrazione, aggiunge l'atleta meranese, che assomiglia molto a quella dei giocatori di scacchi, i quali devono prevedere ogni mossa in largo anticipo. Dopo tre mondiali vinti, dieci anni di competizioni, e dopo avere letteralmente girato il mondo, scalato in verticale, ad un certo punto della sua carriera, sostenuta dalla madre e dal compagno che la segue sempre, Angelika ha detto basta, anche perché oggi le competizioni più importanti vengono svolte tutte in ambienti artificiali e protetti. Troppo poco per chi è nata con la montagna nel sangue. Ed è per questo motivo che è stata accolta con entusiasmo questa sfida, nata da una idea della regista Elena Goatelli, affascinata dalla possibilità di raccontare la vita di una atleta e di una donna, nel momento stesso in cui una delle due dimensioni lascia il posto all’altra.

Viaggio.

È quindi la donna, e magari futura madre, al centro di questo documentario che poi è un viaggio a due, ovvero la storia di Angelika e il suo allenatore e compagno Marco. Un viaggio dove spesso si cade in due e magari ci si rialza in tre, appunto, con la forza che solo le sconfitte sanno dare. C'è spazio anche per la fragilità, quindi, contraltare di quella forza fisica, muscolare, piena di nervi tesi e sudore che scorre tra le pieghe della pelle, in questo film documentario che saprà catturare l'attenzione tanto dei più giovani tanto dei più anziani, si augura il produttore bolzanino Wilfred Gufler. E in fondo, se il racconto di una biografia può essere paragonato a un viaggio, allora “My Upside Down World“ è solo il primo tempo di un percorso di ricerca, la cui meta è quella di dare un nuovo senso e sapore a un momento della vita nel quale una passione trasformata in professione diventa ricordo.













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