Una famiglia spezzata dalle leggi razziali

Merano. La violenza più grande delle persecuzioni nazifasciste nei confronti degli ebrei, dopo il loro sterminio, è aver tolto loro il coraggio e la forza di ricordare. Un ricordo – quando non è la...



Merano. La violenza più grande delle persecuzioni nazifasciste nei confronti degli ebrei, dopo il loro sterminio, è aver tolto loro il coraggio e la forza di ricordare. Un ricordo – quando non è la morte a condannarlo all’oblio – spesso taciuto dai protagonisti e molto spesso recuperato dai figli dei deportati. Come nel caso dei fratelli Bruno e Franca Avataneo, che assieme a Toni Job sono intervenuti l’altra sera nella sinagoga di via Schiller per presentare il libro della loro famiglia, scritto dal discendente Bruno. “Le ossa affaticate di Salomon Castelletti – Storia di una famiglia di ebrei mantovani” è un volume denso di documenti che, appunto, ricostruisce la storia della famiglia Castelletti, giunta a Mantova nel XIV secolo. La famiglia viveva in quello che nella città era un vero e proprio ghetto, dove la vita della comunità ebraica era limitata e ridotta al disprezzo della dignità umana. Da quel ghetto non si poteva uscire, e così fu fino al 1848, quando le religioni delle minoranze iniziarono a essere riconosciute.

Una storia, quella dei Castelletti, che si intreccia con la nostra città a partire da un biglietto trovato nei cassetti di casa da Franca Avataneo subito dopo la morte della madre, Luciana Castelletti. «Un biglietto scritto da mio nonno Aldo e datato “Merano, 26 settembre 1943”», spiega Franca Avataneo. Il commendator Aldo Castelletti, fascista della prima ora, imprenditore che da Mantova si era trasferito con la famiglia a Bolzano fondando la Mondial, ditta di edizioni musicali, fu arrestato su delazione il 21 settembre del 1943 a Fondo, perché di religione ebraica. Deportato prima nel campo di prigionia di Merano, poi ad Auschwitz, di Aldo si persero le tracce, mentre da questo abominio che i nazisti chiamarono “soluzione finale” si salvarono per miracolo le due figlie, tra le quali Luciana Castelletti, la quale per tutta la vita non volle ricordare quei momenti drammatici.

Quelle tracce sono ora un capitolo importante del libro, che partendo dalla storia di una famiglia spiega come la persecuzione contro gli ebrei fosse realtà ben prima della emanazione delle leggi razziali del 1938. Un odio covato per secoli che si trasforma in persecuzione anche contro la famiglia di Aldo Castelletti, immortalato in una foto del 1924 a Mantova assieme a Mussolini in occasione dell’inaugurazione di un monumento ai caduti della Prima guerra mondiale, addirittura finanziato dallo stesso Castelletti. Poi, inaspettata, la persecuzione verso una famiglia che aveva contribuito al risorgimento italiano. «Mamma tornò molte volte e volentieri qui in Alto Adige, diceva che da queste parti si sentiva a casa, nonostante tutto», spiega Franca Avataneo. J.M.













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