Posta, Sgarbi in procura: «La cultura va tutelata» 

L’esposto. Il critico d’arte era ieri a Bolzano per depositare le carte da cui si aspetta un’inchiesta:  «Frettoloso l’abbattimento dell’hotel a Dobbiaco. Non si cancella un’opera vecchia di un secolo»


Paolo Campostrini


Bolzano. Giù il “Posta”, torna su Sgarbi. Nel senso che l’abbattimento non lo ferma: “Mi auguro che la giunta di Dobbiaco cada e che il sindaco si dimetta - dice l’onorevole - e che lo faccia almeno per pudore. La politica non si fa per favorire qualche assessore ma per il bene comune”.

È arrivato camminando nella neve, il Vittorio nazionale, ha indossato la mascherina, è salito in Procura e ha depositato, come promesso, il suo esposto. Questo riferimento all’assessore è uno degli snodi della sua memoria. Che è raccontata come un intrigo di corte. E dalla quale si attende l’apertura di un’inchiesta giudiziaria. Cita il titolare della Mc immobiliare. E, poi, “il suo socio e un consigliere comunale dell’amministrazione Bocher, a sua volta in relazione con una persona, ultimo proprietario e parente della proprietà storica dell’albergo”. Mostrando così, a parer suo, come l’iter che ha condotto alla concessione prima e alla demolizione poi (“Così frettolosa...”) celi una serie di commistioni tra potere pubblico e interessi privati intorno ai quali si sarebbe poi dipanata una pigra reazione degli enti di controllo.

In primis la Sovrintendenza: “A pochi giorni dalla demolizione ho cercato la direttrice, a Bolzano. Non si è fatta sentire. Anche se, in tutta modestia, sono un suo autorevole collega, presidente del Mart...”. Non ce l’ha più con il Landeshauptmann, Sgarbi. O meglio, non ha trovato appigli nella legge. In particolare quella urbanistica che, a differenza di quelle nazionali, non pone vincoli “a prescindere” su edifici di almeno 70 anni. “E questo ne aveva cento tondi”, dice.

Nonostante nelle prime ore successive all’abbattimento avesse minacciato di denunciare proprio Arno Kompatscher con gli assessori Bessone e Kuenzer, ce l’ha coi sindaci di Dobbiaco, invece. Uno in fila all’altro, da Bocher a Rienzner. E va avanti: “Sarebbe ora di verificare il rapporto tra amici e soci dell’azienda immobiliare coinvolta nell’acquisto e la reale titolarità di questi nell’operazione”. La quale, insiste il critico d’arte, già fa intravedere un guadagno per i privati almeno dieci volte superiore al valore dell’immobile: “E senza alcun beneficio per l’ente pubblico e i cittadini di Dobbiaco”.

Ma l’offensiva giudiziaria sottende una ben più corposa questione sul piano della politica e in particolare della politica urbanistica e ambientale. “Questo è l’unico posto al mondo dove si abbatte un’architettura vecchia di un secolo, in mezzo alle facciate di una piazza storica che, in sé, avrebbe dovuto essere preservata come insieme paesaggistico. Neanche in Australia...”, sbotta. E questa deviazione negli ambiti ambientali fa tirar fuori a Sgarbi le frecce per colpire anche i nostri Verdi. Citando Brigitte Foppa e Dello Sbarba come due consiglieri che “solo quando tutto era ormai compromesso si sono messi a chiedere conto”. Finendo per essere posti anch’essi nel grande contenitore dell’insensibilità altoatesina barra sudtirolese rispetto ai propri beni: “La cultura sembra essere uno dei vostri ultimi pensieri”, commenta. Ricordando nel mentre la vasta mobilitazione per il bene architettonico di Dobbiaco da parte di migliaia di intellettuali, studiosi, semplici turisti, cittadini o frequentatori della località che, tra Fai e Italia Nostra, si sono mobilitati quando ancora sembrava che l’abbattimento potesse essere evitato. “Altrove - spiega l’onorevole - con questi edifici si procede a una riqualificazione conservativa, agendo all’interno con la ristrutturazione funzionale ma preservando la facciata storica”. Così da non mostrare , come oggi, una piazza ferita. “Anche perché il nuovo immobile - insiste - è brutto come pochi, almeno a vedere il progetto”. In conclusione, Sgarbi ha dato agli altoatesini e alla loro politica dei “distratti sui temi della cultura”, attenti ad altro, insensibili alle sollecitazioni protezionistiche, presi dentro meccanismi che, settimana dopo settimana, hanno portato all’inevitabile. “Ora mi aspetto - ha salutato - che a qualcuno venga chiesto conto”. E via sotto la neve.













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