Anniversario

Soccorso alpino, i 70 anni della stazione di Bolzano

Appello del capostazione Luca Dellai e del presidente Giorgio Gajer: «Servono nuovi volontari». Un mondo che cambia: «Le donne sono sempre più presenti. Purtroppo ancora pochi soccorritori dalla città»



BOLZANO. All'inizio ci furono Tigrotti, Falchi e Stambecchi. Così, si chiamavano i gruppi di alpinisti creatisi agli inizi degli anni 50 in seno alla sezione Cai di Bolzano da cui, alla fine del 1953, al termine di un percorso durato quasi un anno, nacque il Soccorso Alpino di Bolzano, che quest'anno, quindi, ha compiuto 70 anni. Nei giorni scorsi, per parlare di quella che di lì a breve sarebbe diventata "stazione Cnsas Bolzano" - il Soccorso Alpino nazionale nacque nel 1954 - sono stati ospiti nella redazione dell'Alto Adige il capostazione Luca Dellai e il presidente provinciale del Cnsas, Giorgio Gajer e, insieme al direttore Alberto Faustini e alcuni giornalisti, hanno partecipato alla riunione del mattino.

Dellai e Gajer hanno raccontato di uno splendido settantenne che, grazie all'abnegazione e alla preparazione di decine di volontari, ha attraversato i decenni con grande slancio e ora, in splendida forma, in un mondo che nel frattempo è cambiato, è pronto ad affrontare le sfide del futuro. Nonostante le oggettive difficoltà.

La nascita e i valori

«Il soccorso alpino - spiega Dellai - è nato pochi anni dopo la fine della guerra, in un periodo in cui la solidarietà era diversa. Si trattava di persone e di alpinisti che erano usciti da quella immensa tragedia e che avevano deciso di darsi una mano. Erano anni pionieristici e la loro era una solidarietà pura. Come dice spesso il nostro avvocato Arnaldo Loner (legale del Soccorso Alpino, storico socio nonché già presidente del collegio dei probiviri del Corpo Nazionale, ndr) «la crisi della nostra società è soprattutto una crisi di valori». A volte ci rendiamo conto di portare avanti qualcosa che ha una storia imponente, vediamo cosa hanno fatto i nostri predecessori e con quale coraggio lo hanno fatto, ma oggi fare volontariato non è facile. E non è facile nemmeno trovare volontari». Forse un tempo non c'era la professionalità di adesso, prosegue Gajer, «i mezzi erano quelli che erano, ma l'altruismo era immenso e c'era tanta voglia di aiutare. Basti pensare alle prime teleferiche e ai primi interventi, penso alla torre finestra nella zona del Catinaccio: la stazione di Bolzano era punto di riferimento per tutto l'Alto Adige. E lo era anche a livello nazionale con l'impiego dei primi elicotteri negli interventi di soccorso».

Un mondo cambiato

«Adesso, questa tradizione che unisce montagna e voglia di aiutare gli altri resta fortemente radicata nelle vallate, ma in città si è completamente persa». A confermare questa tendenza un dato che fornisce lo stesso Gajer: il 70 per cento dei circa 700 volontari altoatesini del Soccorso Alpino Alto Adige appartiene al gruppo linguistico tedesco, il 20 per cento a quello ladino e il 10 per cento a quello italiano. E così, anche su questo fronte, Bolzano sembra poter contare più sulle forze che arrivano da fuori. «Proprio così - conferma Dellai - ragazze e ragazzi si stabiliscono da noi per lavoro, arrivando da altre città italiane. Non di rado si tratta di professionisti di alto profilo con una grande passione per la montagna ed entrano con entusiasmo nelle fila della stazione di Bolzano. Va detto che tra i trenta soci operativi dei quaranta che costituiscono la stazione di Bolzano, ci sono medici e infermieri di area critica, professionisti che hanno un approccio all'emergenza. La regola "pochi, ma buoni" vale davvero. Anche se qualche socio in più non farebbe male».

Aumentano le donne

Negli anni, è cambiato anche il peso delle donne. «Sì - spiega Dellai - anche se va detto che non c'è mai stata alcuna preclusione al loro accesso al Soccorso Alpino. Credo, piuttosto, che sia cambiata la mentalità delle donne stesse che, ora, in Alto Adige, sono circa una quarantina, sono ottime specialiste e, in qualche caso, occupano posizioni di rilievo. Penso a Monica Borsato, ad esempio, capostazione di Bressanone, ingegnera e progettista di piste».

Come diventare volontario

In 70 anni è cambiato il mondo, è cambiata la mentalità delle donne, sono cambiate le attrezzature. Cosa deve fare una persona per entrare nel Soccorso Alpino e cosa lo attende? «Basta contattare la nostra stazione. L'età massima è di 45 anni e il percorso formativo è uguale per tutti. È necessario presentare un curriculum alpinistico (è necessario almeno un 4° grado e vanno elencate le vie percorse) che viene valutato dai nostri istruttori, che sono tutte guide alpine e seguiranno tutto il loro percorso. L'operatore di soccorso alpino base viene assicurato e intraprende un percorso di almeno un anno, al termine del quale è previsto un esame finale e valutazione. Da quel momento, diventato operatore di soccorso alpino si può intraprendere la parte alpinistica e fare i corsi per diventare tecnico di soccorso alpino oppure tecnico di elicottero». Non è una passeggiata, insomma, l'impegno è grande, ma sono grandi anche le soddisfazioni e il contributo alla comunità. La nostra area di competenza comprende San Genesio e Sarentino, Laives e arriva fino a Gargazzone fino a Passo Pennes. A Sarentino, però, c'è anche una stazione del Brd, con cui abbiamo raggiunto un ottimo rapporto di collaborazione, e con loro gestiamo gli interventi a secondo dell'urgenza».

Una macchina costosa

Fondamentali i volontari, ma fondamentale è anche il supporto economico per garantire in efficienza la grande macchina del Soccorso Alpino. «Le attrezzature, il parco macchine, le assicurazioni, la formazione dei soci devono essere costantemente aggiornati - conclude Gajer - e non sempre è semplice raccogliere i fondi necessari. Per fortuna non mancano gli sponsor e una lode va fatta anche alla Protezione civile che ci sostiene».













Altre notizie

Attualità