IL CASO

Tragedia di Zermatt, il pm svizzero archivia il caso

Tra le sette vittime i bolzanini Elisabetta Paolucci, Marcello Alberti e la moglie Gabriella Bernardi. Il magistrato: "Nessuna responsabilità penale imputabile a un individuo vivente". LEGGI L'ARTICOLO: Sorpresi dal freddo a 3 mila metri



AOSTA. «Nessuna responsabilità penale imputabile a un individuo vivente può essere presa in considerazione, per cui il ministero pubblico» del Canton Vallese (Svizzera) «ha informato le parti della sua intenzione di archiviare il caso». Lo scrive il magistrato in una nota alla fine dell'inchiesta sulla tragedia avvenuta il 30 aprile 2018 nella zona della Pigna d'Arolla.

Sette le vittime dopo una notte trascorsa al gelo a 3.270 metri di quota, lungo l'itinerario di scialpinismo 'Haute Route' dal Monte Bianco al Cervino. Sono i bolzanini Elisabetta Paolucci (44), Marcello Alberti (53) e la moglie Gabriella Bernardi (52), la guida alpina comasca Mario Castiglioni (di 59 anni), capocomitiva, la moglie di origine bulgara Kalyna Damyanova, Andrea Grigioni (45) di Lurate Caccivio (Como) e Francesca Von Felten (42), di Parma.

Gli scialpinisti del gruppo, dieci in tutto, avevano perso la traccia a causa della bufera. Si erano fermati ad appena 550 metri dal rifugio Cabanes des Vignettes, dove avrebbero trovato la salvezza.

 

Il secondo gruppo si salvò grazie a un riparo. La notte tra il 29 e il 30 aprile 2018 nella zona della Pigne d'Arolla aveva trascorso la notte al gelo - vicino al gruppo guidato da Mario Castiglioni - anche una seconda comitiva, formata da quattro scialpinisti francesi, senza guida alpina, riusciti a salvarsi nonostante l'ipotermia. I quattro, scrive il ministero pubblico del Canton Vallese, hanno «scavato una buca nella neve per ripararsi dal vento, si sono protetti costruendo un muro di neve e pietre e si sono tenuti svegli tutta la notte. Fino al mattino non hanno più avuto contatti con gli escursionisti dell'altro gruppo e sono sopravvissuti». La comitiva di dieci persone con la guida alpina Mario Castiglioni invece ha passato la notte «15-20 metri» più in basso, al «livello del colle» des Cairns, e ha tentato di «ripararsi con le rocce e gli zaini». Dato che «il vento soffiava estremamente forte, materiale e diverse coperte di sopravvivenza utilizzate sono volati via. Durante la notte un escursionista ha lasciato il gruppo e ha scavato un rifugio nella neve, mentre gli altri sono rimasti insieme. Sette di loro, compresa la guida, sono morti. L'intervento di una terza persona in questi decessi ha potuto essere escluso». Sono stati trovati verso le 6.30 del 30 aprile dalle guide alpine uscite con i loro clienti dal rifugio cabane des Vignettes.

 I due gruppi erano partiti separatamente dal rifugio cabane des Dix il 29 aprile, tra le 6 e le 6.30. Hanno affrontato - a 15-20 minuti di distanza l'uno dall'altro - un ripido passaggio sul colle de la Serpentine e poi hanno perso la via a causa «del forte e improvviso peggioramento delle condizioni meteo. Si sono uniti mentre ciascuno procedeva in una direzione opposta». I francesi hanno quindi seguito il gruppo «condotto dalla guida» Castiglioni. Insieme «dopo diverse ore di vagabondaggio e di ricerca del percorso, hanno raggiunto la 'Sellè alle 16.54. Circa un'ora dopo, verso le 17.50, sono arrivati vicini», a circa «550 metri», al rifugio cabane des Vignettes. Qui «non hanno trovato la via, che hanno cercato fino al calare della notte. La guida ha finalmente deciso di far bivaccare i suoi clienti» e i francesi hanno fatto lo stesso. Durante le indagini, scrive il ministero pubblico svizzero, sono stati svolti interrogatori, disposte perizie medico-legali e analizzati orologi gps, macchine fotografiche, telefoni cellulari e satellitari, localizzatori di vittime di valanga, bollettini meteorologici e registri dei rifugi.













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