L'INTERVISTA maria grazia de cassai udella 

Dagli aerei Alitalia all’elettrotecnica E la vita ricomincia 

L’ex assistente di volo. Per 25 anni nei cieli di tutto il mondo, a 50 anni scende a terra, si reinventa e sceglie un mestiere “da uomini” «Ragazze, provate. Basta un po’ di coraggio e possiamo fare tutto»



Merano. Ricominciarsi a cinquant’anni. Passando da un mestiere straordinario nel senso più autentico a un altro, straordinario anche questo, stavolta per la carica eversiva rispetto a un patriarcato tanto protervo nella nostra cultura da limitare l’accesso delle ragazze all’artigianato più tradizionalmente maschile. Nell’ambito della tecnica la presenza femminile c’è: geometre, ingegnere, architette, ricercatrici, sviluppatrici IT, persone che hanno fatto dello studio su dati e libri una professione. E nell’artigianato? Quante idrauliche, quante elettriciste conosciamo?

Maria Grazia De Cassai ha fatto il salto dopo 25 anni sugli aerei Alitalia, a nascondere dietro l’aura mitica delle assistenti di volo la fatica dei carrelli da spingere e di una biologia strattonata da orari al limite dell’umano. Ora è apprendista elettrotecnica nella ditta del marito, Davide Udella, e ha un messaggio da lanciare alle giovanissime: «Se sentite scattare quella scintilla di interesse, provate a seguirla. Possiamo fare tutto». E non è la storia del “se vuoi puoi” di donne nate sotto la buona stella di una famiglia benestante del Nord Italia, la favola del marketing riservata a poche. Questa è la storia che anche chi non abbia grandi possibilità o il desiderio di seguire studi universitari può fare propria. Contando che le università italiane, tanto prestigiose in Europa, sono ancora costosissime, e che il gap di genere taglia le ali anche alle più determinate. È la storia di chiunque voglia applicarsi a un mestiere artigianale, pure se l’impegno per diventare maestre artigiane si articola in tre anni di apprendistato, due da lavoranti, altri due di scuola professionale. Il Servizio donna della Provincia sta coordinando una campagna ad hoc, “Tour donne e tecnica”, istituito grazie alla sinergia tra la Commissione provinciale pari opportunità per le donne e la rete Wnet - networking women.

L’aria pacata, la voce calma. Maria Grazia De Cassai è al bancone dell’Elettrotecnica Udella di via Palade, in questa calda mattinata di luglio. La tuta blu, gli occhiali al collo, sotto scaffali pieni di faldoni e libri, attrezzi e ricordi di viaggi. Qua e là vecchi Apple Macintosh, pezzi da collezione del marito, alle pareti gli attestati dei corsi seguiti da entrambi.

Prima assistente di volo, poi apprendista elettrotecnica. Ci si sarebbe mai vista?

No, anzi. Ho frequentato il liceo linguistico di Mestre, poi ho conseguito il magistero in Scienze religiose. Insomma, tutt’altro. Però gli studi filosofici mi sono serviti molto, per esempio quando ho fatto il business plan da presentare alla banca, che l’ha accettato subito.

Lei aveva già passato una selezione durissima, quella degli assistenti di volo Alitalia. Ci racconta qualcosa della sua “vita precedente”?

Mi è sempre piaciuto tutto ciò che vola. Il concorso è stata una prova severa: di 20 mila domande l’anno ne venivano accettate meno dell’un per cento. Poi però che gioia. I primi dieci anni li ho passati sui voli intercontinentali, i successivi 15 sul medio raggio: Italia, Medio Oriente, Europa, Nord Africa. Ma è anche un lavoro molto duro, più di quello che svolgo oggi.

Per via degli orari?

Non solo. Nel medio raggio facevo anche quattro voli al giorno, e in più dovevo spostare carrelli pieni di valigie o svolgere altri lavori di fatica. Non è facile nemmeno spostare i carrelli dei pasti col pitch medio-alto (l’angolo di inclinazione permanente dell’aereo, ndr).

Ma anche adesso le capiterà di spostare oggetti pesanti.

Sì, ma a bordo i tempi sono stretti e improrogabili, mentre ora posso lavorare col mio ritmo, facendo attenzione a coordinare bene i movimenti. Il lavoro artigianale permette proprio questo, fare le cose con metodo e con la cura necessaria.

Com’è avvenuto, questo passaggio?

Una volta che ho smesso il lavoro in Alitalia, mio marito si è messo in proprio. Le incognite erano tante, così gli ho detto che l’avrei aiutato in qualsiasi modo mi sarebbe stato possibile. Immaginavo che gli avrei dovuto passare il cacciavite o il trapano, e invece ho scoperto una varietà di mansioni sorprendente. Per esempio, ora sono una grande appassionata della fattura elettronica, mi piace capirne ogni dettaglio, e in generale mi appassiona tutta la parte giuridica dell’impresa. Tengo i rapporti con le banche e coi fornitori. Sto pure costruendo il sito dell’azienda. E poi spiego ai clienti come agiremo, do loro un quadro chiaro del lavoro da svolgere. Avere cura del proprio mestiere significa avere cura dell’attrezzatura e della preparazione, ma anche del cliente.

E i clienti come si comportano, quando il “tecnico” è una tecnica?

Spesso si rivolgono direttamente a me (ha appena ricevuto una telefonata dalle caserme, ndr), a volte pure se la richiesta esula dalle mie competenze. Non posso sapere se siano stupiti di trovarsi a parlare con una donna, ma alle più giovani posso dire che se una persona è competente il fatto che sia un uomo o una donna passa in secondo piano. Chi tratta male una tecnica lo fa anche con un’impiegata, con un’avvocata o con una badante: dipende da lui, non da noi.

È il doppio esame: con qualcuno bisogna dimostrare il doppio della competenza, per essere riconosciute per quel che si vale. Che cosa vuole dire alle giovanissime di oggi?

Premetto che di stagisti ne abbiamo tanti, ma si tratta per lo più di ragazzi di lingua tedesca o italiani di seconda generazione. Quando vedo in giro una ragazza con la tuta da lavoro ho uno slancio di buonumore, mi regala un sorriso. La nostra provincia fa tanto per l’imprenditoria artigiana, fiore all’occhiello dell’Alto Adige. Cogliete la palla al balzo e prendete la scuola e l’artigianato tradizionalmente “maschile” come opportunità per voi stesse. S.M.













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