Il feeling tra Merano e gli scacchi: quei pionieri e il loro triste destino  

Le origini. Nel 1924 il primo torneo con star internazionali: molti di loro ebbero vite difficili


Jimmy Milanese


Merano. La nostra piccola città incastonata tra le Alpi sorprendentemente occupa un posto importante nella storia degli scacchi. Tutto lo si deve a quel “Primo Congresso Scacchistico internazionale” del 1924, giocato in riva al Passirio dal 4 al 22 febbraio e che vide la partecipazione dei migliori scacchisti al mondo, oltre alla presenza di due italiani.

Per corrispondenza.

Il primo, un livornese, Luigi Miliani, protagonista nel 1898 al primo trofeo internazionale per corrispondenza. Allora, non era certo il Covid ad imporre la distanza tra gli scacchisti, ma la difficoltà per i mezzi di trasporto a coprire le distanze. Per questo, molto popolari e infinite, le partite di scacchi per corrispondenza erano un ottimo passatempo, perché per posta arrivava la mossa successiva e l’attesa si faceva più piccante. Miliani giunse a Merano dove non vinse, ma ebbe il merito di una partita patta con Akiba Rubinstein che può essere seguita ancora oggi nella versione online, così come tutte la partite disputate a Merano. Rubinstein era una star degli scacchi a cavallo della Prima Guerra Mondiale. Il grande scacchista polacco in riva al Passirio era di casa, prima del ricovero per una violenta forma di schizofrenia che ne compromise la carriera.

Campioni.

Il secondo italiano a Merano nel 1924 era il fiorentino Stefano Rosselli del Turco, penultimo classificato e direttore della rivista “L'Italia Scacchista”, fondata nel 1911 e che venne pubblicata per ben 101 anni. A Merano, del Turco ci tornò anche nel 1926 e in quell'occasione si piazzò al nono posto, giusto un anno prima della sua partecipazione alle prime Olimpiadi degli scacchi di Londra.

Un’edizione piena di stelle, quella del 1924, la quale per certi versi lanciò la nostra città nell'olimpo della disciplina che il re degli scacchi Garri Kasparov definì “lo sport più violento che ci sia”. Nella celebre partita tra Akiba Rubinstein e Ernst Grünfeld, il quale poi avrebbe vinto il torneo, il campione polacco utilizzò contro il collega viennese una particolare variante di apertura che da quel momento venne denominata proprio “difesa di Merano”: una mossa del nero che rimase caposaldo nel mondo degli scacchi per decenni, salvo poi essere sostituita dalla cosiddetta variante Wada. Appunto, una parata di stelle che occupò le cronache dell'epoca e gli hotel pieni zeppi di quella borghesia italiana ed europea che a Merano trovava gli spazi per discutere di politica ed economia, quando l'Europa stava per esprimere il peggio del suo nazionalismo che avrebbe condotto al secondo conflitto bellico e trasformato questi eventi interetnici in eventi per libri di storia. Tra i quattordici partecipanti, George Koltanowski, ancora oggi detentore di un record prestigioso per il mondo degli scacchi. Infatti, il belga fu protagonista della simultanea alla cieca che nel 1937 giocò contro 34 avversari di livello, totalizzando 24 vittorie e 10 patte. Appunto, un vero e ineguagliato specialista della simultanea alla cieca che lo vide duellare anche con 271 avversari allo stesso tempo.

A Merano arrivò anche Siegbert Tarrasch, il tedesco di Breslavia che diede vita a una delle dispute toriche più significative del mondo degli scacchi, la quale lo vide agli opposti rispetto ad Aron Nimzowitsch, tra i massimi innovatori della disciplina e fautore di idee che si opponevano al classicismo di Tarrasch, per una diatriba che vedeva nel nazionalismo dilagante dell'epoca il substrato ideale per questo tipo di scontri tra gentiluomini, spesso fieri delle proprie idee.

Ancora quell'anno, un'altra star mondiale sfidò il parterre di partecipanti. Si tratta di Edgar Colle, tra i pochi professionisti dell'epoca e fautore del Sistema Colle che due anni dopo, nel 1926, lo portò a vincere il torneo di Merano contro il peruviano Estebal Canal e, soprattutto, lo slavo Borislav Kostić, già maestro di Enrico Caruso. Il peruviano naturalizzato triestino, il quale a Merano nell'edizione del 1926 dovette curare un forte malessere con un forte carico di aspirine distribuite dalle farmacie meranesi ma di qualità talmente bassa che rischiarono di costargli la vita, solo pochi anni dopo si sarebbe rifiutato di giocare per il regime nazista, guadagnandosi così il campo di concentramento.

Sotto il nazismo.

Sempre tra i partecipanti a quella edizione del torneo, Dawid Przepiórka, non solo scacchista ma ideatore di fondamentali problemi degli scacchi ai quali i colleghi erano invitati a dare risposta. Ebreo, venne arrestato nel gennaio del 1940 quando era intento a dirigere una riunione di scacchisti nella sua Varsavia. Anche Przepiórka venne arrestato dai nazisti e rinchiuso in un campo di concentramento dal quale però non fece più ritorno. La vita di molti scacchisti dell'epoca si lega ad una esperienza nei campi di prigionia, come quella di Aleksej Seleznëv. Russo di origine, a Merano arrivò dopo averne passate di tutti i colori, come quando nel 1914 fu protagonista suo malgrado di un arresto nel corso di un torneo a Mannheim che cadeva proprio in concomitanza allo scoppio della Grande Guerra. Lo scacchista venne internato nel campo di Triberg dal quale uscì diversi anni dopo. A Merano giunse quarto e, ironia della sorte, proprio alla fine del più importante torneo di scacchi disputato in Italia fino ad allora si trasferì nella città che lo vide prigioniero per lungo tempo. Terzo nella competizione, il già citato Rubinstein. Personalità complessa, in preda a schizofrenia e affetto da germofobia, al punto che si rifiutava di stringere la mano agli avversari: cosa obbligatoria all'inizio e al termine di ogni partita. Secondo, dietro al vincitore Grünfeld, il viennese Rudolf Spielmann che in città si fece notare per la sua estrema eleganza e la passione per la birra del posto.

Spielmann tornò a Merano anche in occasione del torneo del 1926, piazzandosi al terzo posto, dietro a Przepiórka e Colle, dopo una serie disastrosa di partite alternata a colpi di genio. Anche lui ebreo, fu costretto a scappare dal suo paese per rifugiarsi in Svezia, dove le cronache parlarono di una morte per disperazione. Suo fratello e una sorella, infatti, non riuscirono a seguirlo e persero la vita nei campi di concentramento. Sulla sua tomba venne incisa questa frase: “Un fuggitivo senza riposo, colpito duramente dal destino”, come duramente il destino colpì moltissimi scacchisti di quella truppa di quattordici gentiluomini che hanno il merito di avere lanciato Merano nell'universo degli scacchi.

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