Lana, scintille sulla gestione del centro di accoglienza 

Il caso. In una lettera diverse critiche all’assistenza e al modello di integrazione di Casa Henry La struttura è seguita dalla Croce rossa: «Accuse senza fondamento, possiamo dimostrarlo»


Simone Facchini


Merano. Una lunga lettera di accuse in circolo nella rete delle associazioni impegnate nella difesa dei diritti umani e nelle politiche dell’immigrazione, che contesta la gestione del centro di accoglienza profughi di Lana, disinnescata punto su punto dalla Croce rossa, responsabile della struttura. Scaturiscono scintille dalla frizione tra le parole pesanti snocciolate nella missiva e le circostanziate osservazioni dei responsabili del centro.

Assistenza medica.

Una prima critica riguarda le cure sanitarie, nella lettera definite come “inappropriate”. Si parla di una persona affetta da tubercolosi che non avrebbe ricevuto con regolarità i medicinali prescritti, o di dolori ai denti protratti per settimane senza vedere un dentista o ricevere trattamenti antidolorifici. «Sono accuse che ci lasciano basiti», commenta Piero Meloni, referente della struttura, conosciuta come Casa Henry. Spiega che viene documentata la somministrazione di ogni aspirina, e che è possibile dimostrare con quale attenzione venga seguito ogni singolo ospite. «Oltre ai controlli interni, siamo soggetti a frequenti ispezioni non solo della Provincia, ma anche del commissariato del Governo e del ministero dell’Interno. Cinque, solo da agosto. Se fossero state riscontrate irregolarità di questo genere, sarebbero state rilevate». Risposte anche ai casi specifici: «La persona che aveva contratto la Tbc è stata portata immediatamente al San Maurizio e ricoverata al reparto malattie infettive, e quindi seguita secondo le direttive dei medici. Quanto alle cure odontoiatriche, i tempi lunghi dipendono dal sistema sanitario. All’ospedale di Merano, dove le visite si effettuano solo per due ore ogni mattina dal lunedì al venerdì, le visite vengono fissate a una decina di mesi. In più casi, abbiamo cercato alternative in altri distretti sanitari, per esempio a Bolzano ma abbiamo portato ragazzi anche in Val Gardena».

Integrazione.

Un’altra critica riguarda il modello integrativo. All’indice finiscono gli orari del centro (già di per sé discosto, inserito nella zona produttiva) che obbliga al rientro per le 22.30, e i progetti di inserimento professionale. «Gli orari dei centri come il nostro – prosegue Meloni – sono disposti dal Commissariato del governo. L’obbligo è di rientrare prima delle 22.30 e di non uscire prima delle 8 del mattino, salvo deroghe derivanti da impegni di lavoro o altri impegni, per esempio visite ospedaliere o incombenze giuridiche». Sul piano della ricerca di un’occupazione, “circa il 60% degli ospiti ha un’occupazione, a tempo determinato o con contratti di tirocinio. Un altro 20% sta seguendo corsi di formazione con fondi europei. Inoltre un nostro collaboratore è impegnato nella formazione insegnando la lingua e fornendo gli elementi per potersi interfacciare con il mondo del lavoro in modo autonomo: creare un curriculum , come presentarlo, le opportunità fornite dal web, la rete delle offerte… Poi c’è chi è collaborativo e predisposto, chi meno. Ma sia gli operatori della Cri sia i volontari che ci aiutano fanno di tutto per gestire al meglio il centro».













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