Nella valigia sogni, spartiti  e un vocabolario per volare via 

Un artista a tutto tondo. La promessa del musical ha iniziato a calcare il palcoscenico per passione: ora è un professionista Da Merano è arrivato a Innsbruck per interpretare i ruoli più prestigiosi «Impossibile tornare in Italia: oltre il Brennero il mio è solo un hobby»


Jimmy Milanese


Merano. Cantante, musicista, attore, insomma, Andrea De Majo è quello che una volta veniva chiamato “artista a tutto tondo”. Meranese con la passione per il teatro e per la musica, poliglotta e proveniente da una famiglia dove si respira l’arte, De Majo è oggi un apprezzato artista presso il Landestheater di Innsbruck. In Austria ha realizzato il suo sogno di diventare interprete di musical.

Cantante, musicista e attore, ma dove è iniziato tutto?

Ho sempre cantato, già da quando ero piccolo, ma lo facevo solo per passione. La prima volta che ho pensato di poter fare il mestiere che faccio oggi fu una sera all’arena di Verona.

Che cosa accadde?

Una magia, perché il teatro è magia che rapisce. Andai a vedere il musical incentrato sulla storia del Gobbo di Notre Dame. Era il 2008 e avevo 16 anni, frequentavo il linguistico. Mi innamorai di quell’arte. Già allora scrivevo canzoni, anche se non studiavo musica. Con quella serata la passione si è trasformata in un progetto di vita.

Com’è iniziata quella trasformazione?

Ho cominciato a informarmi su dove studiare musica a Merano, sono andato da Nadia Bozza. Lì facevo danza classica, hip hop e contemporaneo. Invece a Bolzano studiavo canto all’istituto Vivaldi con il maestro Francesco Antimiani, allora già famoso perché aveva lavorato con Riccardo Cocciante nei suoi musical. Mi ha insegnato le basi, la tecnica, un’impostazione fondamentale per non rovinarsi la voce presto.

A quando risalgono i suoi primi lavori?

Alla quinta superiore, nel 2010, quando feci un’audizione per il musical di Rossana Casale “Svegliati e sogna”. Fatta l’audizione mi presero e non ancora diplomato partii in tournée. Lavoravo in particolare nel weekend, quindi riuscii a conciliare studio e lavoro. Dopo questa avventura mi sono reso conto che non avevo studiato recitazione, allora ho deciso di studiare ancora.

Ci parli di questa prima importante esperienza.

Ero uno dei ruoli in una compagnia di dieci persone. Venivano trattati vari temi, dalla precarietà del successo alla giovinezza, ma tutto attraverso brani tratti da altri musical. Nello spettacolo c’erano due insegnanti, appunto, Rossana Casale e Gianluca Ferrato, assieme ad altri otto di noi, tra i quali Andrea Dianetti, poi apparso anche ad Amici. Io ero uno degli studenti, costretto a superare diversi problemi fino ad aggiudicarmi le simpatie della ragazza che tutti desideravano.

E poi?

Dopo il musical ho capito che avrei dovuto studiare di più per perfezionarmi, per questo ho frequentato la scuola di Giampiero Ingrassia, a Roma. Lì ho avuto la fortuna di trovare cinque splendidi insegnanti di recitazione, ma facevo anche danza e canto. La scuola era molto orientata al musical, un’accademia che preparava a quello, esattamente ciò che ci voleva per me. Mentre ancora frequentavo la scuola, ho avuto la fortuna di essere preso per il musical “Dorian Gray”, questa volta nel ruolo principale. Il compositore era Marco Pupa. Una produzione, quella, andata avanti fino al 2014, anche se ci sono stati alcuni intoppi che mi hanno indotto ad andare all’estero.

Vuole dire che in Italia non si vive di musical?

Esattamente. Nel 2015 sono andato a Berlino, dove ho fatto un’audizione per il musical “Titanic”: una produzione svizzera con repliche in due lingue, anche grazie alla mia conoscenza del tedesco. Siamo partiti nel 2016, nella cornice del lago di Lugano. Recitavo il ruolo del protagonista, per intenderci, il Lenoardo Di Caprio del film di James Cameron.

Quindi un addio all’Italia e all’Alto Adige?

No, perché prima avevo anche lavorato in Alto Adige con Doris Warasin in un musical che si chiama “Once”. Una produzione folk tratta dall’omonimo film, dove la difficoltà stava nel fatto che sul palco eravamo in due. Quella è stata la mia prima esperienza in tedesco: suonavo la chitarra, cantavo, recitavo. Inoltre, per quattro anni ho lavorato alle produzioni musicali della Vereinigte Bühnen Bozen. Un lavoro da marzo a giugno, ma tutto in tedesco. Tra le produzioni, “West Side Story” e “Sogno di una notte di mezza estate”. In quel periodo sono anche stato a Colonia, a Zurigo, a Vienna, insomma cercavo di non fermarmi mai. A Bolzano ho conosciuto Marie Stockausen, ballerina e coreografa a Innsbruck.Conoscerla è stata una fortuna, perché è stata lei a informarmi che c’era un’audizione aperta al Teatro di Innsbruck, ancora una volta per “West Side Story”. Mi sono presentato e mi hanno preso. Dal 2017 lavoro in Austria.

In fondo, non molto lontano da casa, no?

Esatto, e questo mi piace, perché sono molto legato alla mia famiglia. A dire il vero, la prima stagione ero ospite, poi mi hanno offerto un contratto annuale e da allora non mi sono mai spostato. Ogni anno facciamo una media di 4-5 spettacoli, non solo musical, ma anche opera e prosa. Tra i titoli, “Carmen”, “Chicago”, “Hallo Dolly” e molti altri.

Com’è lavorare in Austria?

La diversità sta nel fatto che un contratto annuale per chi fa musical, devo dire, in Italia non esiste. Nel musical si fanno anche otto spettacoli a settimana, ma a Innsbruck lavoro su vari fronti. Una sera posso essere impegnato in un musical, la sera dopo nella prosa, poi in un’opera. Lavoro nello stesso posto, ma ogni produzione ha un regista e un coreografo diverso, cambiano i colleghi. La creatività è stimolata al massimo, insomma, non ti annoi mai perché ogni sera è una sfida diversa.

Dove si immagina tra dieci anni?

Non mi immagino a Broadway, ma sempre tra Austria, Germania e Svizzera. Neanche in Italia, nonostante la nostalgia per la mia lingua. Sarebbe del tutto impossibile tornare a lavorare in Italia, perché passato il Brennero il mio mestiere è considerato quasi come un hobby, non certo una professione.













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