Quando Merano si affermò come la città degli artisti 

Scavando nel tempo. L’arrivo del turismo d’élite convinse numerosi pittori a trasferirsi o a fare lunghi soggiorni in riva al Passirio dove trovarono linfa per vivere del loro lavoro. Da Eysen e Thoma a Wasmann, ascese e discese all’ombra della nobiltà dell’epoca


Jimmy Milanese


Merano. La giunta provinciale ha recentemente approvato una serie di misure a sostegno degli artisti locali colpiti in particolar modo dal lockdown che per diversi mesi ha impedito di esercitare qualsiasi forma d'arte in luoghi pubblici, e che tutt’ora sono in seria difficoltà. Un contributo di 2000 euro agli artisti in grado di dimostrare di vivere della propria arte e che non abbiano un contratto di lavoro che superi le 12 ore settimanali. Un milione di euro la dotazione messa a disposizione da palazzo Widmann e domande che possono essere presentate fino al 29 settembre di quest'anno. Una mano tesa anche per gli artisti meranesi, i quali più di una volta si erano lamentati per essere stati dimenticati dalle istituzioni.

Indietro nel tempo.

Con i suoi festival, il suo attivismo culturale, Merano oggi è considerata la città altoatesina degli artisti. Solo per citare l’ultima testimonianza: Kiddy Citny, celebre per le raffigurazioni sul muro di berlino e autore di murales in mezzo mondo, da pochi giorni ha dipinto una parete a rione Steinach.

Ma a quando risale la presenza dei primi artisti in riva al Passirio? Sicuramente, Merano deve la sua notorietà alla presenza in città di letterati famosi come Ezra Pound, oppure, molti decenni prima, all'arrivo della principessa Sissi e le decine di nobili che l’hanno seguita, per via di rivoluzionarie cure termali e al suo clima mite che per decenni hanno attratto la nobiltà europea. Ad ogni modo, a partire dalla metà del XIX secolo, la costante presenza di numerosi artisti al seguito del turismo d'élite, molto spesso dimenticati dal tempo, ha certamente aiutato a definire Merano come città degli artisti.

Chi sono stati, dunque, questi artisti cosiddetti “minori” che a partire dalla fine del XIX secolo hanno iniziato a visitare la nostra città, infondendo anche negli autoctoni quella passione per l'arte? L'elenco è lunghissimo e parla di personaggi i quali, provenienti tipicamente dalle grandi capitali europee, hanno contribuito a sdoganare Merano dalla nomea di “città delle vacche”. Tra questi, sicuramente non si possono dimenticare i due amici Louis Eysen e Hans Thoma. Il primo era un inglese di famiglia benestante che per via di una serie di speculazioni finì talmente in disgrazia da dovere dipingere «deficienti e mostri». Eysen frequentò Merano attorno al 1879, alloggiando a Villa Holstein e, a dire il vero, era solito condurre una vita ritirata e ben lontana dal rumore cittadino. La morte lo sorprese quando già era stato dimenticato da tutti. In città Eysen era molto amico di Hans Thoma il quale, al contrario, riuscì non solo a produrre opere che oggi possono essere viste addirittura al Museo d'Orsay a Parigi, ma fece da punto di riferimento per diversi artisti dell'area germanofona che erano soliti viaggiare da Stoccarda, Karlsruhe o Monaco di Baviera fino a Merano, dove spesso si stabilivano.

Più famosi.

Certo, a Merano o nei suoi dintorni rimasero per lungo tempo anche personaggi del calibro di Vassilij Kandinskij, Gabriele Münter o Franz Marc. Personaggi noti e ben descritti dalle cronache del tempo, ma erano decine gli artisti minori che frequentavano a vario titolo la città, giunti in riva al Passirio per risiederci e che per guadagnarsi da vivere si cimentavano nella ritrattistica. Sono centinaia, sparsi in molti i musei del mondo, i ritratti di personaggi famosi eseguiti a Merano per commissione. L'abbondanza di personalità, ricchi nobili ed industriali che a partire dal 1880 avevano iniziato a frequentare gli stabilimenti di cura, aiutava certamente i pittori dell'epoca a sbarcare il lunario.

Fotografia.

Se dalla pittura ci si sposta alla fotografia, che in quegli anni iniziava a far concorrenza, impossibile dimenticare uno dei primi fotografi che la nostra città possa vantare. Franz Largajolli operava tra Bolzano e Merano, ma è proprio in riva al Passirio che l'artista diede il meglio di sé, aprendo nel 1866 il primo foto atelier. Largajolli ebbe sette figli, quattro dei quali fotografi anche loro, e sono diverse le mostre internazionali, tra Vienna, Parigi o Philadelphia dove i paesaggi meranesi sono stati visti per la prima volta in una riproduzione fotografica. A Largajolli si deve in parte una grande e rivoluzionaria idea: la trasformazione delle fotografie in cartoline postali colorate, così come quelle che a partire dal 1860 in Francia stavano spopolando e che ben presto divennero popolari anche nei territori dell'Impero austro-ungarico.

Che ai fotografi a Merano non mancasse il lavoro, lo dimostra la presenza registrata nelle strutture ricettive della città di ben quattordici professionisti, ancora in prossimità dello scoppio della Grande Guerra. Numeri che la città non riuscì mai più ad eguagliare, nemmeno prima dell'avvento del digitale o dei telefonini dotati di fotocamera. E nonostante questo, negli elenchi del Künstlerbund dell'epoca risulta la presenza di un solo fotografo, a dimostrazione di come la fotografia a cavallo della fine del XIX secolo non fosse ancora pienamente considerata un'arte ma un semplice mezzo per documentare la realtà.

Ritrattistica.

Merano più vicina al centro della cultura internazionale, grazie a questi artisti alla mercé dei loro filantropi, i quali spesso potevano permettersi solo una misera camera, magari condivisa con altri colleghi, ma che tutto sommato se la passavano bene. Al punto che diversi artisti di origine germanica, una volta arrivati in città, decidevano facilmente di non andarsene più, tanto era importante il fervore artistico locale e le possibilità che si potevano trovare. Tra questi, un posto importante lo occupa Friedrich Wasmann. Sicuramente non un artista costretto a sbarcare il lunario, l'amburghese Wasmann si stabilì in città nella quale termino poi gli ultimi suoi giorni. Fu lui a documentare il passaggio della città da luogo «non coinvolto dal traffico internazionale ed integro, vergine, visitato quasi solo da pittori di Monaco che facevano scorribande artistiche in quel romantico paese di montagna» della metà dell'Ottocento a centro di cura di fama internazionale e meta di artisti da tutt'Europa. Wasmann acquisì una certa notorietà persino nel circolo della neonata borghesia locale che gli commissionava ritratti ben pagati.

Fare scorribanda tra i volti dei turisti che frequentano la città era la specialità di un altro grande ritrattista dell'epoca, praticamente sconosciuto tanto da non essere nemmeno presente nei cataloghi di settore. Ferdinand Behrens era originario di Lubecca, e in città ci arrivò sulla soglia dei trent'anni per trovare successo come ritrattista, tanto che si devono a lui una serie di incredibili ritratti a personaggi della nobiltà dell'epoca presenti a Merano. Ma Behrens dipinse anche Theodor Christomannos e Emma Hellensteiner, diventati meranesi anche loro e padri fondatori del turismo di montagna.













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