Sperimentazioni open air per salvare la cultura 

Fase 2 al palo. I protagonisti del panorama cittadino analizzano una ripresa piena di incognite Porcheddu pensa a luoghi finora marginali, Fera propone concerti brevi per un pubblico ristretto


Jimmy Milanese


Merano. Che cosa accadrà alla cultura meranese dopo che la pandemia in corso sarà terminata? In quale misura sarà possibile riaprire, cioè ricominciare, e soprattutto da dove? Questo il tema del dibattito pubblico che qualche giorno fa è andato in onda sul canale Youtube di Upad e sulla pagina Facebook di Urania.

Un incontro virtuale, moderato dalla giornalista Katia De Gennaro, al quale hanno partecipato Marcello Fera, direttore artistico del Festival Sonora, Patrick Gasser, curatore del Touriseum, Ewald Kontschieder, promotore della Merano Jazz Academy, Giorgia Lazzaretto per il Club Est Ovest, ma anche Umberto Massarini, direttore della sezione italiana della Biblioteca civica, e Johanna Porcheddu, direttrice del Theater in der Altstadt.

Un valore da recuperare.

L’idea sullo sfondo di questo incontro è che la crisi dovuta all’emergenza sanitaria possa rappresentare anche un momento di cambiamento, dopo che sul campo sarà stata fatta la conta dei danni subiti dal tessuto culturale meranese.

Una ripartenza che può però contare su un dato importante: prima della crisi Merano poteva contare su una ricchezza di proposte culturali di indubbio valore, grazie al frutto di un’amministrazione comunale particolarmente sensibile e alla presenza di decine di organizzazioni che in città si dedicano a qualche forma di intrattenimento.

Le ferite del lockdown.

Proprio per questo motivo, la prima questione posta da Mauro Cereghini è stata quelle della difficoltà di individuare le ferite prodotte dal lockdown, quindi la necessità per il futuro di stringere una maggiore collaborazione tra le varie associazioni culturali, proprio perché nel momento della riapertura non ci sarà forse spazio per tutte le manifestazioni che erano state calendarizzate.

Porcheddu, invece, ha spiegato come la consueta chiusura del Teatro nel periodo estivo aiuti, ma immaginando che questa situazione in futuro potrebbe generare un’appendice nelle scuole o per un pubblico diverso e in luoghi diversi, purtroppo, dopo aver cancellato già due produzioni nel corso di questa stagione. Punta alla sperimentazione Marcello Fera, immaginando la messa in scena di concerti brevi alla presenza di una ridotta affluenza di pubblico. «Per fortuna si parla di cultura, molto spesso abbandonata a se stessa», ha esordito Kontschieder, rimarcando la supremazia dell’economia nei discorsi di queste settimane.

Il ruolo delle istituzioni.

«Non solo la mancanza del prestito bibliotecario in sede, ma anche l’interruzione del servizio sociale che la biblioteca comunale svolge sono gli effetti della pandemia sulla vita della biblioteca. Da alcune settimane ci concentriamo sul prestito a domicilio», spiega Massarini. Ma l’augurio è che la biblioteca possa riaprire quanto prima, ovviamente, con limitazioni adeguate all’emergenza. «Chiamiamolo distanziamento spaziale e non sociale e partiamo da questo cambiamento», aggiunge, spiegando come la possibilità di spettacoli per un numero ridotto di persone potrebbe segnare una nuova frontiera dell’offerta comunale. In questo senso, i numeri limitati non ridurranno il valore della proposta culturale, ma sicuramente si proporrà il problema del suo finanziamento, già precario e ben prima dell’inizio della pandemia. E lì la palla passerà presto alle istituzioni locali e anche nazionali, le quali saranno chiamate a trovare forme alternative che incentivino il finanziamento alla cultura, magari immaginando ulteriori agevolazioni fiscali o il ripensamento di tutta quella serie di incombenze burocratiche che spesso rendono difficile l’organizzazione di un evento culturale.













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