L’INTERVISTA 

«Bolzano? Ancora troppo provinciale» 

Vittorio Albani è l’organizzatore delle serate jazz al Carambolage


di Daniela Mimmi


BOLZANO. “Quando non sai cos’è, allora è jazz” spiegava il trombettista Max Tooney nel romanzo “Novecento” di Baricco. In realtà non è proprio così, non è solo così. Il jazz o lo si ama o lo si odia, non ci sono mezze misure. Il pop anche se non lo si ama, lo si ascolta (per forza), il jazz proprio non è possibile. Eppure a Bolzano c’è un tenace, fedele zoccolo duro di 80-100 persone che il jazz lo ama proprio. Sono quelli che per 8 lunedì, nel corso della passata stagione, hanno fatto registrare quasi sempre il tutto esaurito al Carambolage. Vittorio Albani (tra le altre cose titolare dell’etichetta jazz Pannonica e manager di Paolo Fresu) ci ha messo una ventina d’anni, ma alla fine l’ha spuntata. «Sì, ci ho messo 20 anni, la prossima è la ventesima stagione – dice. – All’inizio era difficile come scalare una montagna, anche perchè l’unica data che avevo a disposizione era il lunedì. Che, come si sa, è day off per tanti artisti, attori e musicisti. Inoltre, diciamolo pure, mi scontravo con una realtà refrattaria al jazz, alla musica di qualità, all’arte, una realtà in cui c’era e c’è ancora, poco spazio per la musica che io chiamo intelligente. Adesso c’è questo zoccolo duro che riempie il Carambolage, che va da Vipiteno a Rovereto».

Come ci è riuscito?

«Posso dare dei cachet più alti di quelli che danno in Italia, grazie ai contributi pubblici, se no sarebbe impossibile portare in un piccolo teatro come il Carambolage i nomi che porto io. D’altra parte la crisi è mondiale e investe tutti. Il problema per i musicisti, non solo jazz, esiste da una quindicina di anni. Proprio una quindicina di anni fa a Parigi, ci siamo trovati tutti, organizzatori, artisti fino agli elettricisti e i tecnici. È stato deciso di abbassare i cachet per tutti del 30%. Solo pochi nomi grossissimi non hanno accettato. Adesso grandi nomi del jazz Usa accettano di venire anche a Bolzano durante i loro tour europei».

Come sta la musica jazz?

«Il jazz ha una peculiarità: la libertà. C’è l’improvvisazione, nessun concerto sarà mai uguale ad un altro. Il concerto pop si può replicare, quello jazz mai. C’è molto interesse da parte dei giovani proprio perchè sono alla ricerca della novità e le possibilità del jazz sono infinite. L’arte, comunque, non ha bisogno di novità, ma di espressione».

E a Bolzano come sta il jazz?

«A Bolzano la musica jazz sta malissimo, come tutta la musica seria. La maggior parte della gente che va ai concerti, ad esempio a quelli classici, perchè bisogna esserci, farsi vedere, anche se non si distingue Ligeti da Mozart. Questa è una piccola città provinciale, dove non si fa distinzione tra la musica seria e la musica di Jovanotti. Secondo me qui la gente non ha ancora capito cos’è la musica: non è un unico contenitore con tutto dentro. La musica che porto io è arte. E’ questa la differenza».

E per la prossima stagione? Vedremo Paolo Fresu?

«Voglio dare spazio alle donne nel jazz, che sono poche, ma molto brave. Comincerò con una trombettista americana molto brava, Jamie Branch e proseguirò con altri tre concerti tutti al femminile. E poi, come sempre, grandi nomi internazionali. No, Paolo Fresu non è previsto perchè in autunno sarà impegnato con loc spettacolo del Tsb dedicato a Chet Baker. Ma conto di averlo per la stagione successiva. Contrariamente alla tradizione del Carambolage cercherò di avere 2 Serate. Se no chi non trova il biglietto mi insulta...».















Altre notizie

Attualità