Lino Guanciale è il commissario Ricciardi

ROMA. Un personaggio pieno di chiaroscuri. Un uomo che si porta dentro un terribile segreto, ereditato dalla madre: raccoglie gli ultimi pensieri delle persone che muoiono di morte violenta. E questo,...


Emanuela Castellini


ROMA. Un personaggio pieno di chiaroscuri. Un uomo che si porta dentro un terribile segreto, ereditato dalla madre: raccoglie gli ultimi pensieri delle persone che muoiono di morte violenta. E questo, pur aiutandolo nelle indagini, lo tormenta profondamente e non gli permette di vivere sentimenti come l’amore. Questo uomo, così bene interpretato da Lino Guanciale, è “Il commissario Ricciardi”. Una serie - mystery, melò, poliziesca – tratta dai romanzi di Maurizio De Giovanni, coprodotta da Rai Fiction con Clemart, diretta da Alessandro D’Alatri, che sarà trasmessa su Rai 1 da domani (21.25) per sei prime serate. L’ attore abruzzese, definito il golden boy della nostra fiction attualmente sul set del thriller Rai “Sopravvissuti” di Carmine Elia, si racconta.

Sullo sfondo di una Napoli anni Trenta, si muove il suo commissario solitario e angosciato: ma che tipo è?

Ricciardi crea una sorta di maschera per difendersi, e mette un’enorme distanza tra se, senza perdere nessun dettaglio, e il respiro di un tempo e di una città come Napoli prima o dopo Taranto. Questa è un’ottica che un attore deve acquisire per approcciare al proprio mestiere che consiste nel mettersi nei panni degli altri. E poi, ha un fiuto particolare durante le indagini, mentre i suoi occhi sono velati di malinconia che pervade la sua esistenza. Ancora prima di sapere se sarei stato scelto per questo ruolo così bello, ho avuto un imprinting da lettore curioso e onnivoro: avevo già letto due libri di Maurizio de Giovanni e questo è stato l’approccio che ho cercato di seguire facendo leva su elementi che già avevano agito in me in maniera del tutto libera. Credo che questo contribuisca a restituire verità e dignità al lavoro per chi vorrà seguirci.

Il suo essere attore teatrale ha influito?

Tantissimo. Il primo mattone sul quale costruire tutto è il testo che bisogna incarnare, provando dopo a tradurlo in immagini senza tradirlo. In questo ho trovato assoluta sintonia con il lavoro che faccio in teatro. Il mio personaggio, ma anche gli altri, sono attuali se pensiamo alla situazione di costrizione che stiamo vivendo adesso nello stringerci ai nodi primari dell’affettività, dello stare insieme che in questo momento ci vengono negati.

Una curiosità: il perenne ricciolino che ha sulla fronte il suo Ricciardi è un vezzo?

L’aspetto dei capelli è specificato nei romanzi ed è una cifra del mio personaggio che, tra l’altro, è famoso perché non portava il cappello in un’epoca in cui tutti gli uomini non uscivano di casa senza. Ma c’è anche la brillantina che negli anni ’30 era di moda. Per togliermela dopo le riprese dovevo fare diversi lavaggi tanto era appiccicosa.















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