MUSEION»IL 2019 DEL MUSEO D’ARTE CONTEMPORANEA DI BOLZANO

BOLZANO. È la sua ultima stagione. Poi via, da maggio. Forse per questo Letizia Ragaglia ci mette dentro i fili che ha sempre tessuto: l’ attenzione al femminile, le rivolte quasi dimenticate di...


di Paolo Campostrini


BOLZANO. È la sua ultima stagione. Poi via, da maggio. Forse per questo Letizia Ragaglia ci mette dentro i fili che ha sempre tessuto: l’ attenzione al femminile, le rivolte quasi dimenticate di donne negli anni delle rivoluzioni, l’ inclusione e le sculture. E anche le cose che, dice, “portano un po’ di disordine nel mondo”. Ecco, il disordine. In tanti hanno spesso accusato la direttrice di mettere nel Museion poco ordine e tanta indisciplina, poca arte comprensibile e tanta complicata. Di parlare, insomma, per pochi eletti.

È proprio così?

«Ho sentito, ho sentito...».

E allora?

«Io parto da un principio: il pubblico, le persone, non vanno sottostimate. E in un mondo che sta sempre più vivendo e comunicando per slogan, in cui sembra che esista un solo pensiero che è quello il meno complesso possibile... ecco, io ho provato a far arrivare artisti che ponevano delle domande senza magari dare delle risposte, a chiedere qualche sforzo in più».

E ci è riuscita?

«Spero. Ma abbiamo anche aperto a chi non era mai entrato in un museo d’ arte contemporanea, come ad esempio i bambini, i ragazzi. Ebbene, questa inclusione, è stata un esperimento riuscito. A volte, più si è privi di filtri mentali o ideologici e più si riesce a capire un messaggio apparentemente oscuro. Solo apparentemente...».

Ecco la “poetica” di Letizia Ragaglia: la ricerca e la sperimentazione. E anche il senso di tante battaglie. Dalla rana alla “spazzatura”. Marion Piffer, la presidente della fondazione, la guarda e dice: «Sì, si dovrà cambiare. Ma il modo in cui è stata assemblata questa nuova stagione ci fa capire che con Letizia abbiamo le spalle ben coperte». Si deciderà a breve, comunque, il nuovo o la nuova direttrice. La commissione, anche con Piffer inclusa, è al lavoro e lo sta finendo. Tra un mese , forse meno, sapremo. Quello che già sappiamo è che il 2019 di Museion non molla la presa intorno ai suoi campi di battaglia artistici. Partendo dalle donne. Da una giovane israeliana ( Keren Cytter) che è una che ci obbliga a fare i conti in tasca a tutti noi e poi con donne che hanno ora ottanta o novant’ anni ma che, nei lontani Settanta, hanno iniziato la rivoluzione della nuova scrittura provando a trovare codici non solo maschili in parole che erano e spesso ancora sono, rivolte ad un solo genere .Ed è una donna, Ilse Lafer, la “curatrice ospite”,che prende le mosse, per questa ricerca di un genere femminile possibile da Carla Lonzi, storica e critica d’ arte. Poi l’ highlight. Partendo dai cento anni del Bauhaus, Museion presenta il nucleo di opere di luce , in particolare il Lichtspiel Apparat di Ludwig Hirschfeld Mack. Altro filo tessuto negli anni da Letizia Ragaglia la scultura, che nella nova stagione porta a Bolzano Marguerite Humeau che rivisita sculture del passato in chiave fortemente contemporanea. E Heim Steinbach, ancora una inquieta israeliana, che ci metterà davanti oggetti di vita quotidiana ma senza troppe illusioni di possibile familiarità.

Si parte adesso, (inaugurazione il 25 gennaio) con Keren Cytter, nata a Tel Aviv ma ora a New York e che è tanto dentro la civiltà delle immagini, della pubblicità e dei media che riesce a scomporcela davanti agli occhi a uscire dai clichè della comunicazione , portando alla fine un poco di sano disordine, di domande inquiete in luoghi che di solito danno solo risposte sicure.

Il 12 aprile invece, si avvia l’ esposizione del Lichtspiel Apparat di Hirschfeld Mack . Perduto l’ originale , realizzato tra il 1923 e il ’24 è, in questa replica che Museion è autorizzato a presentare, tra le prime in assoluto a combinare luce elettrica e movimento ed è all’ origine delle successive “opere di luce”. Con questa mostra Andreas Hapkemeier avvia una serie di iniziative sui 100 anni della Bauhaus. Sempre il 12 aprile si inaugura la rassegna della curatrice ospite, Ilse Lafer. Docente a Vienna e alla guida della Galerie di Lipsia per la grafica , la mostra prende le mosse dall’ opera della critica Carla Lonzi e si concentra sul tema della “deculturalizzazione”, che prova a affermare una identità femminista per fuoriuscire da codici imposti dalla vita e, soprattutto, dal linguaggio. Il 22 novembre, invece, una mostra curata con il Mart riattiverà l’ Ans, l’ Archivio della nuova scrittura, che mette in luce le sue diverse anime, dalle opere di poesia concreta, visiva, dal movimento Fluxus. E sarà ricostruita ed esposta per la prima volta a Museion la stanza di Dick Higgins “Poema d’ aria” e riallestito il padiglione creato da Dan Graham per la mostra “Sonic Youth” a Museion nel 2008. Il 17 maggio parte la stagione della scultura. E con la personale dell’ israeliana Haim Steinbach. “Every Single Day” che ci conduce attraverso una selezione di oggetti della vita di tutti i giorni. E che, per Museion, penserà un lavoro manuale che si confronta col concetto di colore e e dello spazio. Sempre la scultura, dall’ 11 ottobre, porta qui Marguerite Humeau che non teme di mettere a confronto la con temporaneità le opere del passato. Dalle relazioni delle forme preistoriche della Venere con i cervelli umani agli approcci interdisciplinari con varie forme artistiche. Porterà un gruppo di sculture presentate per la prima volta a New York nell’ autunno scorso.













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