La moda di Re-Bello attira investitori e aumenta il fatturato

L’ad Daniel Tocca: nel 2016 prevediamo di salire a 1,5 milioni Le vendite equamente divise tra Italia ed Europa centrale


di Maurizio Dallago


BOLZANO. Il brand lo avevano lanciato nel 2012, con un fatturato del primo anno pari a 250 mila euro. Nel 2015 il medesimo fatturato è salito a 800 mila euro, mentre per l’anno che è appena iniziato si arriverà a 1,5 milioni, stante gli ordinativi che per lo specifico settore arrivano sempre in anticipo. Stiamo parlando di Re-Bello, la startup della moda altoatesina ecosostenibile, che a grandi passi si sta affermando in Italia ed Europa. «Tra monomandatari ed impiegati siamo una quindicina di persone, con il fatturato che viene fatto per il 50 per cento in Italia e per la restante parte in Europa centrale», sottolinea Daniel Tocca, amministratore delegato della società a responsabilità limitata e cofondatore della stessa, insieme a Daniel Sperandio ed Emanuele Bacchin. La sede è a Pineta di Laives. Tra le novità dello scorso anno l’interesse mostrato da alcuni fondi di investimento per l’azienda altotesina e l’arrivo della stilista Ivana Omazic.

Dai fondi LVenture Group e Italian brand factory è giunta nuova linfa per mezzo milione di euro nel capitale di Re-Bello, mentre la designer croata vanta un passato alla direzione creativa di Céline e di Maison Margiela.

«Per i nostri capi d’abbigliamento utilizziamo esclusivamente materiali innovativi, prodotti in modo sostenibile come il cotone organico, il bambù, l’eucalipto e la lana riciclata», evidenzia Daniel Tocca». Ogni tessuto presenta vantaggi e svantaggi per l’ambiente a seconda delle fasi di produzione. «Ad esempio il bambù che utilizziamo, pur essendo a basso impatto ecologico nella fase di coltivazione della materia prima (basso consumo d’acqua, elevata resa, ecc.), è una fibra artificiale, che quindi viene estratta dalla pianta con l’utilizzo di sostanze chimiche inquinanti. Per contro il cotone organico, che si presenta naturalmente allo stato di fibra e quindi non necessità della fase di estrazione, anche se coltivato in maniera biologica, presenta una bassa resa (ci vogliono fino a 6 metri quadrati di superficie piantata a cotone per produrre una t-shirt) e, a differenza del bambù, sottrae terreno all’agricoltura alimentare, fattore critico con l’aumento della popolazione», ancora Tocca. Il cotone organico scelto da Re-Bello proviene dalla Turchia e dalla Grecia. Come il bambù, anche l’eucalipto cresce in aree non adatte all’agricoltura e quindi non sottrae aree utili alla coltivazione alimentare. In questi casi la materia prima arriva dall’Asia. Infine la confezione, ovvero taglio e cucitura dei capi d’abbigliamento, ha luogo nell’Ue o in Turchia. «Dove condizioni di lavoro sicure ed eque sono garantite per legge. Noi stessi siamo inoltre spesso in visita ai siti di produzione per assicurarci di persona che il clima di lavoro sia quello desiderato», chiude Daniel Tocca.













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