Occupazione in Alto Adige Nuovo record a settembre

Raggiunta quota 216.430 dipendenti con una crescita del 4,7% su base annua Ma la Cisl sottolinea che «mancano politiche per reintegrare i disoccupati»


di Maurizio Dallago


BOLZANO. Anche settembre si conferma un mese d’oro per l’occupazione in Alto Adige. Gli occupati raggiungono quota 216.430 unità - livello mai raggiunto nella realtà provinciale - con 9.635 posti di lavoro in più rispetto allo stesso mese del 2016: un aumento pari al 4,7 per cento. Di contro le persone senza lavoro scendono a quota 9.940 con un calo dell’1,2 per cento, pari a 122 unità in meno. Tutti i settori, stando ai numeri dell’Osservatorio mercato del lavoro della Provincia resi pubblici ieri, segnano valori positivi, a parte una leggera diminuzione per attività finanziarie ed assicurative, pubblica amministrazione ed istruzione. Forti aumenti occupazionali si registrano in particolare nell’agricoltura (2.845 occupati in più) e nel settore alberghiero (2.602 persone in più). Prosegue la ripresa dell’edilizia, mentre la manifattura continua a viaggiare a vele spiegate.

Anche l’artigianato si conferma tra i settori che trainano l’occupazione altoatesina. I dati diffusi ieri indicano 260 assunzioni (+3%, in totale 8.869 occupati) rispetto allo stesso periodo del 2016 nell’edilizia artigianale, e 227 posti in più (+3%, in totale 7.817 occupati) nella manifattura artigianale. «Con quasi 500 assunzioni in un anno - commenta Claudio Corrarati, presidente regionale della Cna-Shv - l’artigianato viaggia alla media di 40 posti in più al mese. Un segnale che rende ancor più credibili le piccole e micro imprese. Una stabilità, quella delle imprese artigianali, che può essere rafforzata dalla semplificazione burocratica da parte della pubblica amministrazione, visto che oggi la burocrazia porta via tempo e denaro per espletare un enorme mole di pratiche». «La Provincia può inoltre aiutare le Pmi con una riduzione del carico fiscale, azzerando ad esempio l’Imi sugli immobili strumentali. Questi dati, infine, dovrebbero servire alle banche per capire che le piccole e micro imprese sono solide e credibili e pertanto meritevoli di ricevere credito per liquidità e investimenti», ancora Corrarati. E se gli imprenditori mostrano un clima di fiducia positivo, i sindacati - pur sottolineando anche loro i dati occupazionali - mettono in risalto anche i numeri della disoccupazione. «Un dato che balza all’occhio è quello del numero di disoccupati associato a quello dei posti vacanti. Prendendo lo stock medio da aprile a settembre 2017 i primi sono oltre 12.000, ma in parte sono stagionali. I secondi sono invece oltre 13.000 e confermano quello che sosteniamo da tempo: in Alto Adige mancano completamente le politiche attive del lavoro», evidenzia Michele Buonerba, segretario della Cisl-Sgb.

«Una norma di attuazione allo Statuto di autonomia del 2013, voluta e attuata dal Trentino, prevedeva la possibilità di integrare gli ammortizzatori sociali da parte degli enti locali. Lavorammo ad un testo di legge provinciale per dare attuazione a questa nuova competenza, ma poi ci fermammo perché nel frattempo era stato approvato il Jobs act attraverso il quale era stata istituita l’Anpal (Agenzia nazionale politiche attive del lavoro) e soprattutto la fruizione dell’assegno individuale di ricollocazione. Allora l’obiettivo era quello di avere un sistema provinciale che prevedesse l’immediato orientamento per una nuova assunzione e l’eventuale riqualificazione del disoccupato già al termine del rapporto di lavoro e quindi fin dall’inizio della percezione della Naspi (nuova assicurazione sociale per l’impiego)», spiega Buonerba. Il sindacato pensava che l’Anpal fosse in grado di rispettare i tempi indicati dalla legge per essere pienamente operativa. «Ad oggi, nonostante sia stata istituita nel 2015, dobbiamo dire che siamo lontani dal raggiungimento dell’obiettivo che il legislatore si era prefissato. - chiude Buonerba - Per questa ragione sarebbe importante che la giunta provinciale ripensasse la sua strategia dando attuazione alla delega ottenuta dallo Stato. In questo modo si potrebbero avere sussidi maggiori e servizi per l’impiego degni di questo nome. In questo modo anche le aziende che non trovano collaboratori potrebbero incrociare meglio la loro offerta di lavoro con la domanda».













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