L'intervista

Carolina: «Le Olimpiadi del 2018 sono il massimo, chissà...»

La campionessa ha pattinato a Porto Recanati per dare un sostengo morale ai terremotati e ai ragazzi di Ussita


di Marco Marangoni


BOLZANO. Carolina Kostner, atto secondo. Tra poco più di due settimane alla Dom sportova di Zagabria, la patinoire che nel 2013 la consacrò tra le grandi del pattinaggio di figura del Vecchio Continente dopo aver conquistato il quinto titolo europeo, la fuoriclasse gardenese ritornerà alle competizioni. Lo farà in occasione del Golden Spin, uno dei migliori eventi per testare la propria condizione. Ormai dimenticata la relazione con Alex Schwazer ed ingoiata tra tanta rabbia ed amarezza la squalifica lunga 21 mesi per aver detto una bugia all’ispettore antidoping che voleva testare l’ex fidanzato, Carolina ha cambiato vita. Basta Oberstdorf e lo storico allenatore Michael Huth, adesso la sua dacia è diventata San Pietroburgo ed il suo maestro di salti doppi e tripli è diventato il guru Alexei Mishin. In questa lunga intervista rilasciata in esclusiva al nostro giornale, la 29enne “Principessa del ghiaccio” originaria di Ortisei, ha parlato di cosa l’ha spinta a ritornare alle competizioni, dei momenti bui e della sua esperienza in Russia. L’8 e 9 dicembre a Zagabria, oltre a trovare alcune delle sue vecchie rivali, su tutte le russe Elizaveta Tuktamysheva e soprattutto Alena Leonova, e l’americana Gracie Gold, la Kostner svelerà su quali musiche pattinerà. Prima di recarsi a Porto Recanati per dare un sostengo morale ai terremotati e ai ragazzi della società di pattinaggio di Ussita (il palazzo del ghiaccio è stato completamente distrutto dal sisma), Carolina si era recata in Canada per mettere a punto i programmi con la sua coreografa Lori Nichol.

“Per me è un onore riuscire a creare serenità e speranza con questa vicinanza - ha detto Carolina - so che la situazione non è per niente facile, io stessa non riesco ad immaginare di restare senza casa. Il pattinaggio a me ha donato tanto ed è quello che spero di trasmettere anche a queste persone. Appena ho saputo del terremoto c'è stato subito il desiderio di aiutare, poi quando mi hanno contattato ho subito detto di sì”.

Come giudica la sua condizione in vista della gara di Zagabria?

“Come spesso mi capita di dire, un’atleta non è un robot che ha il tasto on e off. Bisogna fare i conti con i propri limiti. La sfida della vita è anche quella di cercare di superarli. Anche durante l’anno di stop forzato dal punto di vista agonistico non mi sono mai fermata e ho proseguito ad allargare i miei orizzonti. Mi sono ritagliata i miei spazi, ho continuato a prepararmi fisicamente. Ho avuto l’occasione di studiare danza classica, uno strumento fantastico per arricchire le prestazioni sul ghiaccio con quella morbidezza e armonia che solo il ballo può dare. Da quando ho potuto riprendere gli allenamenti tutto si è fatto molto più intenso ma ho cercato di far tesoro anche di quello che ho imparato nel periodo fuori dal ghiaccio e di creare una bella combinazione in vista delle competizioni”.

Ritornando a quel periodo di stop forzato, quanto l’ha segnata la squalifica?

“I momenti bui accadono a tutti e quello è stato probabilmente il mio momento più buio. Le cicatrici sono anche segno di esperienza. Devo dire che la libertà mi fa sentire nuova, di riprendere in mano il mio futuro, di prendere le mie decisioni e di essere libera ad avere tutti gli orizzonti aperti. Il momento della svolta è stato quando ho avuto la consapevolezza di poter riprendere in mano la mia vita, di fare programmi concreti. Da quel momento il mio sguardo era tutto rivolto al futuro e non più al passato”.

Quanto le mancano le gare?

“Sotto i riflettori non ho mai smesso di essere. Purtroppo a volte si va a scavare nel dolore di una persona. Le gare mi sono mancate considerando che non è stata una mia scelta interrompere questo percorso. Adesso il periodo buio è passato e sono mesi che guardo avanti con gioia ed entusiasmo senza voltarmi”.

Deve o vuole dimostrare ancora qualcosa?

“La cosa bella di questo mio ritorno alle gare è che non c’è dietro nessun sentimento di rivalsa, sto semplicemente facendo ciò che amo di più con la consapevolezza di non dover dimostrare nulla a nessuno. Della mia carriera e del mio percorso sono più che soddisfatta e appagata ma desidero completare un percorso che è stato interrotto non per mia volontà”.

Perché la decisione di allenarsi con Mishin?

“La scelta di iniziare ad allenarmi a San Pietroburgo insieme al professor Mishin è stata molto naturale. In estate avevo preso parte ad alcuni suoi camp (Tartu e Courchevel, ndr). La decisione è stata condivisa anche con Michael Huth, la persona che mi ha fatto crescere e aiutata a raggiungere tutti i risultati e con la quale mi sento molto spesso. Non si tratta di escludere una persona a favore di un’altra ma di una condivisione di pensieri, una semplice evoluzione delle situazioni che ha portato a questo cambiamento.

Che sensazione le fa allenarsi con un tecnico molto famoso che ha seguito grandi campioni?

“Il professor Mishin è un allenatore che non ha bisogno di presentazioni, ha una storia alle spalle e una esperienza ai massimi livelli (il suo allievo più titolato è stato Plushenko)”.

Il suo obiettivo resta partecipare ai Giochi del 2018?

“Le Olimpiadi rappresentano un momento unico per un atleta e sicuramente sono una motivazione in più. La mia Olimpiade l’ho vissuta appieno ed è un ricordo indelebile (il riferimento è a quella di Sochi 2014 dove vinse il bronzo). Per riguarda la prossima chissà…”.

Quali sono le avversarie che teme maggiormente?

“Ho sempre nutrito grande rispetto nei confronti delle altre pattinatrici, partendo sempre dal presupposto che nella vita c’è qualcosa da imparare da tutti. La competizione ti da l’adrenalina necessaria, quello si, però alla fine la sfida è sempre con i propri limiti”.













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