Casa Vianello? No, Buffon e la compagna D’Amico 

La coppia. Da quando vivono assieme cercano la privacy: Ilaria: «Abbiamo 5/6 paparazzi appostati sempre fuori casa». Gigi: «Questa cosa mi ha fatto diventare un uomo migliore»


Gianpaolo Tessari


TRENTO. Come «Casa Vianello», in versione 2.0, come è di moda dire al giorno d’oggi. Sentire che Gigi Buffon, quando è sotto le coperte, sbraccia e scalcia nel sonno immaginando di dover afferrare il pallone, ha fatto venire alla mente il grande Raimondo Vianello. Solo che nei panni di Sandra Mondaini in quel letto di famiglia in versione rivisitata ora c’è Ilaria D’Amico, compagna nella vita del portierone tornato alla Juve. E proprio la giornalista si è prodotta con Buffon in una divertente formula a metà tra l’intervista e la confessione, un’oretta di fronte ad un Auditorium pieno come un uovo, per quello che si è rivelato l’incontro probabilmente più divertente dell’intera manifestazione.

La coppia è partita non proprio scioltissima, rigirandosi tra le mani la cartelletta con le tracce dell’intervista preparata dall’organizzazione. Ma Gigi l’ha poggiata quasi subito di lato, scegliendo di fare quello che gli viene meglio: «Massì, improvvisando. Come ho quasi sempre fatto nella vita. E mi pare che non sia andata malissimo, no? Faremo 50 minuti di cabaret».

La formula si è rivelata azzeccata. La coppia, nella vita ha rinunciato ai social, ed ha confermato che la ricerca della privacy è ancora una costante del loro quotidiano: «Abbiamo 5/6 paparazzi appostati fuori casa ogni giorno», si è lamentata Ilaria. «Ma questo mi ha reso anche un uomo migliore. Non sputo mai per terra, non mi verrebbe mai in mente di far fare la pipì al bambino su un albero. Siamo sempre controllati», se la rideva Gigione con una giacca gessata con grandi toppe al gomito.

La gag con Ronaldo

Ma la parte più godibile, e più passavano i minuti i due si sono lasciati andare, è stata quando Buffon ha rievocato la partita con il super gol segnato da CR7 , in maglia Real Madrid: «Nel dopo partita Cristiano si è avvicinato e mi ripeteva abbracciandomi “Lo siento, lo siento”. Ed io gli ho risposto “Eh, sapessi quanto lo siento io. Lo siento tantissimo”. Ma lui insisteva. Solo dopo mi hanno spiegato che “lo siento” in spagnolo vuole dire “scusa, mi dispiace”» e l’Auditorium è esploso in una risata fragorosa.

D’Amico in versione giornalista ha chiesto a Gigi calciatore una definizione per ciascuno degli allenatori che ha avuto in carriera: «Conte resta, a prescindere dalla recente scelta professionale di guidare l’Inter, un uomo a cui, per passione e professionalità, non è possibile muovere alcuna accusa». Nevio Scala, che lo fece esordire, un po’ pazzamente, nel Parma. E, ancora, Ancelotti, «che sarà sempre colui a cui devo tutto, per aver creduto in quel giovane arrogante, facendomi scalare le gerarchie». È un uomo ora equilibrato (dunque molto diverso dal passato, e lui stesso ci gioca, sul contrasto) e che dice di sé di “non conoscere l’odio”, questo Buffon seduto di fronte alla compagna al Festival dello Sport. Il portierone ha assicurato di non essere ancora appagato da una carriera stellare. Eppure Buffon di colpi a segno ne ha messi davvero tanti: il Mondiale nel 2006, 176 partite in Nazionale, una non usuale carriera ancora attiva a 41 anni, il Pallone d’Oro più volte sfiorato. «Diceva Yashin, che quel premio l’ha vinto, che “se non sei tormentato dopo aver fatto un errore, non sei un grande portiere”, e allora forse il mio segreto sta qui, nel tormentarmi sempre - raccontava Gigi - io vivo col desiderio costante di diventare perfetto. Non credo di aver mai dato il 100% di me stesso, forse ho in serbo ancora un 15%, ed è quello che farò uscire adesso, dopo i 40. Ma questa mia insoddisfazione perenne - aggiunge - viene dal mio passato e dai suoi insegnamenti: il complimento più bello che mi fece mio padre fu “oggi non mi sei dispiaciuto”, e una delle prime cose che mi fu detta da uno dei miei primi allenatori fu “non essere mai ottimista in campo”». La gente si alza, vuole l’autografo. Doppio.

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