LE «LEZIONI» DEI VARCHI NEL TEMPO 

Alcuni scienziati all’inizio del secolo scorso ipotizzarono l’esistenza di gallerie gravitazionali che potevano mettere in comunicazione parti distanti dell’universo in tempi molto brevi. La...



Alcuni scienziati all’inizio del secolo scorso ipotizzarono l’esistenza di gallerie gravitazionali che potevano mettere in comunicazione parti distanti dell’universo in tempi molto brevi. La cinematografia ha preso spunto: ecco film che ci presentano la fantastica apertura di varchi spazio-temporali in grado di farci viaggiare nel tempo o da un punto all’altro dell’universo attraverso i “wormhole”. Accadono fatti che più semplicemente riescono a farci viaggiare velocemente attraverso lo scibile umano, aprendo varchi che non pensavamo potessero esistere. Così improvvisamente nell’arco di un giorno ci siamo ritrovati proiettati in un mondo surreale, dove le squadre di calcio prima di iniziare a giocare si sono presentate abbracciate a centrocampo. Lacrime sul volto e canzoni-preghiere hanno completato l’immagine di un mondo che improvvisamente ha riscoperto il valore dell’umano nello sport. La morte di Davide Astori ci ha toccato tutti in quanto giovane, atleta, padre, marito e brava persona. Tanto da aprire un varco nell’universo emotivo, risucchiandoci nel giardino delle buone intenzioni. Ma come tutti i “wormhole”, il varco si apre per un breve lasso di tempo dopodiché si richiude. Così siamo tornati nel breve volgere di un giorno (i viaggi nel tempo sono veloci) ai tifosi che augurano la morte agli avversari e all’arbitro, agli allenatori che maltrattano i giornalisti, ai giornalisti che non rispettano gli allenatori e al presidente del Paok Salonicco entra in campo con la pistola per minacciare l’arbitro che gli ha annullato un gol per fuorigioco. Il risveglio è stato atroce. Eppure quel varco si è aperto e ci ha fatto vedere come potremmo essere se solo lo volessimo, se investissimo risorse per la “culturalizzazione dello sport” perché si può lottare restando amici, essere aggressivi con rispetto, vincere senza umiliare l’avversario e perdere conservando la dignità. Ma forse il “wormhole” è sempre aperto e siamo noi a essere così ciechi da non vederlo o pigri da non volerlo vedere. Ogni tanto ci serve uno schiaffo, come quello di Davide. Per ricordarci che lo sport non è altro che un mondo di ragazzi che lotta, cresce, suda e fatica per vivere una favola.

Non dimentichiamolo.

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