Messico 1968: il primo oro olimpico di Klaus Dibiasi

"Mi ritorni in mente": ai Giochi sudamericani la prima delle tre vittorie olimpiche del tuffatore bolzanino


di Valentino Beccari


Altro che Messico e nuvole. Il 26 ottobre del 1968 il cielo è azzurro sopra Città del Messico e splende un sole inedito: è il caschetto biondo di Klaus Dibiasi che conquista la medaglia d’oro dalla piattaforma. Un risultato storico perchè è la prima medaglia individuale del metallo più pregiato che si porta a casa la Federnuoto. Se due anni più tardi Città del Messico non fosse stata teatro di quella cinematografica “Italia - Germania 4-3”, l’antica capitale dell’impero atzeco sarebbe stata consegnata alla storia sportiva italiana per quel volo d’angelo del tuffatore bolzanino che nella capitale in altura vincerà la prima delle sue tre medaglie d’oro olimpiche dalla piattaforma.

Dibiasi arriva in Messico da grande favorito, nonostante abbia appena compiuto ventun anni. Del resto quattro anni prima a Tokio si era preso l’argento a soli 17 anni. È un figlio d’arte, campione per vocazione, dedizione e imprinting genetico. Il padre Karl, mentre i suoi coetanei si dilettano con sci e pattini ama l’acqua e i Bagni Gugler ricavati sul Talvera diventano la sua California e il trampolino in tronchi denominato “Kanzele” diventa la sua seconda casa.

Karl Dibiasi è forte, molto forte: conquista svariati titoli italiani ed è anche decimo alle Olimpiadi di berlino ma la guerra gli sottrae gli anni migliori della carriera. Dibiasi senior trasmette passione e trucchi del mestiere al figlio Klaus che tra mille difficoltà (a Bolzano non c’era una piscina coperta e a Trento mancava la piattaforma) riesce a diventare uno dei più grandi piattaformisti di sempre simulando a secco voli e traiettorie che poi riproverà in gara.

L’approccio alla rassegna messicana però non deve lasciare niente al caso e per preparare l’avventura Dibiasi e Cagnotto si recano in ritiro a Long Beach in un impianto avveniristico.

Ma una volta in california i responsabili della struttura decidono di non voler ospitare gli azzurri che così devono improvvisare la preparazione in una struttura privata in Arizona, con una piattaforma precaria in mezzo al deserto. Ma la classe di Dibiasi è superiore ad ogni tipo di disavventura e il giorno della gara dalla piattaforma sfodera il suo repertorio straordinario disegnando in volo delle traiettorie inimitabili per tutti i suoi rivali.

Del resto Dibiasi vuole vincere dopo l’argento di Tokio e l’argento dai tre metri sempre a Città del Messico.

La sua prestazione sembra quella di un marziano ed il messicano Alvaro Gaxiola chiude secondo a dieci lunghezze di distanza. È nata una stella e i media di tutto il mondo non sanno se collocare al top della hit-parade messicana il salto in lungo meraziano di Beamon o il volo dell’angelo biondo di Bolzano, così bravo e così bello che un giornale messicano finisce per scrivere che “se la giuria fosse composta esclusivamente da donne Klaus Dibiasi vincerebbe senza tuffarsi». E Dibiasi vincerà ancora: a Monaco nel 1972 e a Montreal nel 1976.













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