L'INTERVISTA LUCA MICHELI 

«Non sapevo che quello sullo Stelvio fosse Cipollini» 

Ritratto in un video da SuperMario. Il 29enne di Scurelle, affetto da tetraparesi spastica dalla nascita, ha scoperto il paraciclismo  e dall’anno scorso anche l’agonismo: «Il mio sogno è la Nazionale»


LUCA FRANCHINI


Negli ultimi giorni Luca Micheli ha conosciuto un’inaspettata popolarità. Il video girato dall’ex campione di ciclismo Mario Cipollini sui tornanti della salita del Passo dello Stelvio ha spopolato sui social e ha offerto l’occasione al 29enne trentino di Scurelle di raccontare la propria storia. Affetto da tetraparesi spastica dalla nascita, Luca è sempre stato un combattente. Lavora come impiegato e si allena con grande spirito di abnegazione. Due anni fa ha conosciuto il mondo del paraciclismo, che gli ha cambiato la vita, e ora sogna di vestire la maglia della Nazionale.

«L’incontro con Cipollini è stato casuale – spiega Micheli – Nemmeno sapevo che fosse lui. Lo ho saputo solo quando ha iniziato a circolare il video sui social. Una pubblicità inaspettata, che non cercavo, ma che mi fa piacere. Mi permette di dimostrare a chi è nella mia stessa condizione che nella difficoltà c’è sempre una possibilità. Per tutti».

Cosa ci faceva sabato 29 agosto sulla salita dello Stelvio, sotto la pioggia?

«Queste avventure è da un po’ che le faccio. Mi piacciono gli eventi che permettono di andare in sicurezza. Sapevo che quel giorno c’era la chiusura della strada alle macchine e, anche se le previsioni mettevano pioggia, mi sono detto “vado e vedo com’è”».

Durante l’ascesa c’è stato l’inaspettato incontro con il Re Leone.

«Nella parte centrale della salita mi ha superato un gruppo di una ventina di ciclisti. In coda c’era Cipollini, che mi ha detto “complimenti, posso farti un video?”. Io ero affaticato. Quest’anno non ho fatto gare a causa del Coronavirus e sono fuori allenamento. Gli ho risposto “fai pure, ma non fai bella figura, perché sono cotto”».

Cipollini ha girato il video, poi è ripartito.

«Che era lui, come detto, lo ho saputo solo qualche ora dopo, quando alcuni amici mi hanno fatto vedere il video. Voglio ringraziare di cuore Cipollini per la sensibilità dimostrata, per le parole di incoraggiamento, ma soprattutto per avermi dato la possibilità di lanciare un messaggio che, da solo, non sarei riuscito a portare a così tante persone. Penso che sapesse quello che poteva dare alla causa con il suo video. Per questo lo ringrazio doppiamente».

Ci racconti la sua storia.

«Sono nato prematuro con la tetraparesi spastica, che interessa principalmente gli arti inferiori, ma anche quelli superiori».

Nonostante le difficoltà, non si mai è abbattuto.

«Il merito è dei miei genitori, che fin da piccolo non mi hanno mai detto cosa non potevo fare, ma come potevo farlo. Mi hanno sempre coinvolto in tutte le attività possibili, consapevoli delle difficoltà oggettive che avevo. Mi hanno aiutato a crederci, percorrendo la strada più lunga e faticosa, cercando un’alternativa per riuscire a fare quello che volevo fare».

Al resto ci ha pensato lei.

«Mi piace mettermi in gioco, mi piace faticare. Ho sempre svolto attività individuali e due anni fa, guardando le Paralimpiadi, ho conosciuto il ciclismo. La visibilità mediatica di Zanardi mi ha permesso di venire a conoscenza di questa possibilità, il paraciclismo, più praticabile rispetto ad altri sport come il nuoto e lo sci ad esempio».

A quel punto?

«Ho contattato lo Sport Team Disabili Vallagarina e sono entrato a far parte della loro associazione. Mi hanno fornito la bici, che è quella che utilizzo anche ora».

Lo scorso anno ha iniziato a dedicarsi anche all’agonismo.

«Dopo un anno di “rodaggio”, ho iniziato a fare le prime gare, partecipando al campionato italiano a squadre. È abbastanza impegnativo, perché occupa quasi tutte le domeniche da fine aprile a settembre».

Come è stato il primo impatto?

«Mi sono reso conto che ci sono persone con disabilità molto più gravi della mia. Sono entrato in un mondo che mi ha portato a vivere le difficoltà in un altro modo. Quando sei in gara, nessuno molla. Non puoi piangerti addosso, non sei più uno sfortunato, perché tutti sono nella tua stessa condizione. Devi combattere per ottenere un risultato. Ti metti in gioco con persone che hanno una visione della vita orientata verso la possibilità».

Prima aveva praticato altri sport?

«Ho fatto corsi di vela, tennistavolo, ho iniziato con lo sci e ora vorrei dedicarmi anche al nuoto. Mi si è aperto un mondo. Il ciclismo ha migliorato la qualità della mia vita, mi sa dare sempre nuovi stimoli, la possibilità di girare molto, di socializzare».

Dove si allena abitualmente?

«Sulle piste ciclabili, che qui in Trentino sono tenute magnificamente. Le preferisco alla strada sia per la mia sicurezza che per quella degli altri. La mia bici è bassa e non mi va di mettere in difficoltà gli automobilisti. In strada vado raramente, quando capita di uscire con un gruppo di amici. In quel caso è diverso, perché siamo in tanti».

Ha un grande sogno sportivo che vorrebbe realizzare?

«Il sogno è quello di entrare nella Nazionale di paraciclismo, ma è dura. Lavoro come impiegato e sono contento di farlo, ma chiaramente ho meno tempo di altri da dedicare all’allenamento. Il rimpianto è quello di non aver conosciuto prima questa possibilità. Comunque sia, continuerò a praticare questo sport, perché qualitativamente ha dato tanto alla mia vita. Mi ha dato l’occasione di mettermi in gioco, di confrontarmi con persone che non mollano mai. Il mio desiderio più grande, ora, è quello di aiutare più persone possibile a prendere in considerazione questa opportunità».

Sono le parole di un campione. Di un combattente che ha vinto. Nella vita.

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