Al centro di tutto c'è sempre e solo Matteo



Il politologo Ilvo Diamanti descrive l’Italia politica di oggi con una frase: «Renzi, nel bene e nel male, resta ancora “al” centro (e “il” centro) del sentimento e del ri-sentimento politico».
Prima ci divideva Berlusconi. Ora ci divide Renzi. Con una sostanziale differenza: Silvio Berlusconi divideva il Paese, ma non un partito e un movimento che di fatto (e in ogni senso) gli appartenevano. Matteo Renzi divide sia il Paese che il partito: da una parte il sentimento positivo di chi vedeva (e in parte ancora vede) in lui, anche al di là degli schieramenti, l’unico possibile salvatore della patria; dall’altra il risentimento (molto presente proprio all’interno del suo partito) di chi prima non vedeva l’ora di vederlo cadere e ora sogna solo di vederlo sparire dalla scena e anche dal radar.
Indubbiamente Matteo Renzi, che conserva il merito d’averci provato, ha confuso - per usare una bella definizione di Ezio Mauro - il Paese col paese. Circondarsi di amici va bene se si organizza una gita, ma non se la “gita” è a palazzo Chigi. In quel caso - come dimostra anche il caso Raggi a Roma, pur non intaccando più di tanto il consenso grillino - bisogna sapere gestire la vittoria: scegliendo le persone migliori. Non certo le più fidate.
In un’Italia, inascoltata, per non dire incompresa, che chiede stabilità e in cui non a caso cresce la popolarità del mite Gentiloni, la scissione del Pd e l’inchiesta Consip fanno pensare che solo un miracolo potrebbe far ripartire l’onda renziana e rimettere il Pd al centro della scena. È ingiusto che le colpe dei padri ricadano sui figli, come si disse anche quando spuntò il nome di papà Boschi nell’attività non proprio edificante di Banca Etruria, ma non sarà facile, per l’ex (e nuovamente aspirante) premier, rottamare l’ingombrante padre Tiziano e i collaboratori di cui proprio lui, Matteo, s’è circondato fin dal primo giorno. Ma non ci sono alternative: la diversità e la discontinuità che l’Italia di oggi insegue, non passa dalle parole, ma dai fatti. Per cambiare il Paese bisogna iniziare da se stessi. Ammesso che vi sia ancora tempo.













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