InViaggio con Claudio Melis, nel gusto e nella bellezza. A Bolzano



CM Ritratto 2 okChi l’avrebbe detto che il viaggio in uno dei più bei ristoranti d'Italia sarebbe cominciato da un varco nel passato. Il campanello a lato del portone. La piccola targa con il nome appena visibile. Lo schiocco della serratura per l’androne d’altri tempi. Scale, la guardiola di portineria, i corrimano in ferro battuto. E’ palazzo Pock. Di fronte, poco più di un privé, la porta a vetri con la modesta tendina e una vecchia galleria commerciale sfuggita al passare del tempo. Ci batte il cuore. Siamo proiettati nello scompartimento dell’Orient Express con nicchie e vetrine adattati ad alcove. Panche ornate di alti velluti dorati e dodici coperti apparecchiati con veli di fiandra. Una tavola cinematografica calda di ombre e luci soffuse dove tutto, però, è originale. Anche il Davide Ungaro che governa con charme d’altri tempi la sala. Al tavolo, neanche a farlo apposta, ci accompagna una delle penne più felici di Bolzano. Un colto bohémien livornese che la città ha adottato in un riflesso proustiano. Velluto su velluto. Sarà il nostro compagno di viaggio mentre il treno di Melis parte. Da un’oscura porta di servizio vediamo balenare uno sguardo luccicante di smaccata gentilezza, più luminoso della bianca casacca che indossa. E’ lui. I saluti di rito e poche parole per introdurre le nove stazioni che ci attendono. Il viaggio da temporale si fa geomorfia.  Spostamento tra le tessere della carriera dello chef nuorese. Un mosaico che spazia dalla penisola araba alle vette dolomitiche passando dall’India delle brigate di servizio degli alberghi di Dubai. “Pollo al curry”, naturalmente, pelle soffiata di sedano rapa, una maionese di mele e curry e il cappuccio viola. Seguirà il polpo croccante della costa sarda. L’irrinunciabile “porceddu” affonda in una nera e indimenticabile pece di liquirizia. Ma prima la fragile sostanza del pane carasau. La carta pergamena della Barbagia rurale. Ancestrale. Leggermente abbrustolito nel forno e unto di olio picchiettato di grani di sale. Assenzio per la gola. Ipnotico. Alle Alpi, invece, torniamo con la calda pagnotta di lievito madre, la paletta di legno per affondarvi il burro di malga a una temperatura di servizio una volta tanto perfetta. Non giusta, ma proprio perfetta. Piano piano piano il saltarello tra nuove e consolidate creazioni si trasforma in saggio. Melis è un intellettuale della gastronomia oltre a vivida intelligenza di cucina. Il racconto dei piatti si fa fisiologia del gusto. La sequenza delle portate scienza alimentare. Nulla è lasciato al caso dal cuoco moderno. Nemmeno il processo masticatorio. Almeno nelle intenzioni. Così i vini e la birra finale che il maître Ungaro ha egregiamente selezionato in funzione del viaggio. Il tempo scorre impalpabile. Il gran finale si avvicina. Compaiono anche Robert Wieser e la sorella Monika, moglie di Melis, insieme a una profumo di tartufo pregiato. Siamo pur sempre accanto alla Kaiserkron. Passa a salutarci anche Marc Bernardi, diventato da poco il braccio destro di Melis. Scende anche lui. Il capolinea è una banana all’aroma di sigaro e un sorso di bonbon alla Sambuca. Dolce commiato. Senza tristezza però. La vera meta del viaggio non è, forse, come si dice, il viaggio stesso? 

In Viaggio – Claudio Melis Ristorante. Piazza della Mostra 2 – 39100 Bolzano. www.inviaggioristorante.com

 













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