L'aeroporto di Bolzano, Ponzio Pilato e Davide



La storia si ripete: Davide ha battuto di nuovo Golia. Con una differenza importante, però: Golia ha aiutato Davide a vincere. Perché senza un referendum sull'aeroporto, prima vera prova generale di democrazia diretta in Alto Adige, Davide e la sua fionda non sarebbero nemmeno scesi in campo. Ve l’immaginate Durnwalder che blocca un progetto o un finanziamento per chiedere il parere dei cittadini?
La vittoria del No è netta. Schiacciante. Definitiva. E non è un no al finanziamento pubblico dell’aeroporto (benché su questo si votasse): è un no all’aeroporto. Un no così nitido che il fronte degli oppositori poteva risparmiarsi di trasformare la vittoria in una partita di calcio: chi ha suonato il clacson sotto gli uffici del presidente della Provincia Kompatscher ha infatti sbagliato indirizzo e metodo. Perché Ponzio Pilato Arno, questa volta, andava solo ringraziato: mettendo la decisione nelle mani del popolo, infatti, il governatore ha messo la democrazia e la trasparenza davanti a qualsiasi possibile demagogia e accelerazione solitaria. E ha perso sapendo di poter perdere. Per questo chi non voleva l’aeroporto doveva ringraziarlo. Sbagliato anche il metodo: perché chi protegge l’ambiente non va in auto a fare caos a due centimetri dal centro storico.
Per assurdo, la vittoria del No sorprende solo i sostenitori del medesimo No. Perché, pur puntando su una campagna elettorale vincente, non hanno capito né la loro abilità e la loro forza, né la sostanziale differenza che c’è fra opinione pubblica e opinione coinvolta. La prima è da sempre la maggioranza silenziosa (probabilmente favorevole al finanziamento pubblico dello scalo e al suo ampliamento) che un tempo governava il Paese: una maggioranza invisibile che non avrebbe mai osato disertare le urne e che oggi - non credendo più nella politica e dando troppe cose per scontate - preferisce invece starsene sul divano di casa. La seconda deve invece la sua forza alle persone (coinvolte, appunto) che sentono le scelte di un governo sulla propria pelle: gente che sa che anche un singolo voto può spostare le montagne. Cittadini che abitano prevalentemente nelle zone “toccate” dall’aeroporto e che hanno giocato tutto su questa partita, esattamente come avrebbe fatto - se coinvolto in un analogo referendum - chi abita vicino all’inceneritore o a qualsiasi opera simile.
Le regole della democrazia sono chiare: gli assenti hanno torto e vince chi prende un voto in più. Io penso che a Kompatscher questo fosse ben chiaro fin dal principio. E infatti lo considero una sorta di vincitore occulto del voto di domenica, anche se s’è sempre battuto per un aeroporto più efficiente e con un finanziamento (e un governo) pubblico più consistente. Pensateci: in un colpo solo si è emancipato dal passato, dall’idea che a “guidarlo” siano i potenti di questo territorio e dalla percezione che le scelte importanti siano sempre e solo nelle mani di pochi. Un colpo da maestro, quello di coinvolgere in questa scelta ogni cittadino: anche se ora dovrà trovare una via d’uscita, recuperando il rapporto con un mondo dell’economia che - esagerando forse un po’ - vedeva il rilancio dell’aeroporto come un’oasi nel deserto. Ha promesso che terrà conto del voto - e lo farà -, ma ovviamente dovrà anche farsi qualche domanda sul futuro: dell’aeroporto, dell’ambiente, della mobilità. Una sfida nella sfida: anche per iniziare una stagione davvero nuova, che porti la sua firma e non quella di chi l’ha preceduto, lasciando molte cose - com’è ovvio - già parzialmente avviate o decise.
In un certo senso, la stagione di Kompatscher inizia dalla “sconfitta” di ieri. Perché da oggi potrà costruire un rapporto nuovo con un territorio che sente distanti e sordi il governo e la politica in generale. Dovrà chiedersi perché non sia riuscito a spiegare l’importanza del rilancio dell’aeroporto, ma dovrà soprattutto chiedersi come mai ad affollare le sale - nel corso dei vari dibattiti organizzati sul territorio - ci fossero solo tifosi. S’è vista, in questi giorni, una rappresentazione reale di ciò che spesso “succede” (lo scrivo fra virgolette, perché è sempre tutto molto virtuale) nel mondo della rete e dei social, dove si tende a confondere i pochi che gridano con i tanti che stanno in silenzio. Con una novità: che chi tace, non sempre acconsente. Una lezione davvero importante, dunque, quella che arriva dal voto di domenica in Alto Adige: perché alcuni cittadini, quando ne vale la pena, hanno ancora voglia di dire la loro. Ma nemmeno il radar della democrazia riesce ad intercettare gli altri. Nemmeno l’autonomia e l’autogoverno - che sono partecipazione per definizione - riescono a coinvolgerli. Da oggi, Kompatscher dovrà dunque occuparsi del 46,7 per cento di elettori che ha risposto alla chiamata del referendum (con l’ormai nota vittoria schiacciante del No), ma anche e soprattutto di quella maggioranza di altoatesini che non va a votare nemmeno quando in ballo c’è un pezzetto del suo destino. Dietro e dentro la vittoria e la sconfitta questa volta c’è molto di più.













Altre notizie

Attualità