La dignità dei profughi e i nostri occhi distratti



Mentre scrivo, mi rimbalzano fra i pensieri le parole di Vincenzo Passerini: «La situazione del gruppo di profughi che sono tornati a protestare a Bolzano è indegna di una terra civile e accogliente. Dura da mesi, questa situazione, e le soluzioni finora trovate sono del tutto parziali e non corrispondono a quella dignità di trattamento che si deve dare a ogni essere umano, specialmente a chi è stato costretto dalla guerra e dalla povertà a lasciare il proprio paese. Inutile piangere i morti delle guerre e fare tante chiacchiere sulla pace se si trattano male le vittime viventi di quelle guerre».
È più facile essere razzisti, superficiali e cinici, a volte. Perché guardare in faccia la realtà - quella realtà che Vincenzo Passerini ci sbatte in faccia con la sana e salutare indignazione di chi ancora conosce il significato della parola solidarietà - non è solo faticoso. È scomodo. È doloroso.
Sono aguzze, le parole di Passerini: «O queste persone hanno diritto all’accoglienza, così come previsto dalle leggi internazionali sottoscritte dall’Italia, oppure vengano rimandate nei loro paesi. Si abbia l’onestà e il coraggio di decidere, perché lasciare dei profughi in queste condizioni è immorale e illegale». L’onestà e il coraggio, caro Vincenzo, non sono tipici della politica di oggi: meglio dare un colpo al cerchio e uno alla botte. Li accogliamo (accarezzando quel che resta della nostra carità), ma li teniamo lontani da noi, da ogni punto di vista, vellicando quel fondo di superiorità e di classismo che alberga in molti di noi. Occhio non vede, cuore non duole. Meglio occuparsi dell’aumento delle indennità. Meglio difendere l’autonomia: non sulle cose serie, ma per avere indennità più corpose e per non applicare il decreto Monti che taglierebbe le indennità del presidente e degli assessori. Meglio organizzare corsi per donne nei cda: come se certi uomini incapaci, “promossi” dalla politica di qui e di lì solo per fedeltà e devozione, fossero già formati. Grazie Passerini: ci hai aperto quegli occhi che adoriamo chiudere. E ci hai costretto ad allargare lo sguardo. Sui profughi. E soprattutto su di noi.













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