Lavoro

Bar e ristoranti, sos personale «Costretti a ridurre gli orari»

Mancano commessi, camerieri, baristi, cuochi, pasticcieri, operai. Situazione difficile in quasi tutti i settori. Roland Buratti (Azienda di sogiorno): «A Bolzano si fatica più che nel resto d’Italia a causa di carovita e bilinguismo»


Valeria Frangipane


BOLZANO. Mancano camerieri, baristi, cuochi, pasticceri, pizzaioli, operai, commesse. E manca soprattutto personale qualificato. La situazione in Italia è difficile in quasi tutti i settori. In Alto Adige lo è ancora di più, aggravata da carovita, bilinguismo e voglia - qui come altrove - di avere più tempo libero. A soffrire in modo particolare la ristorazione.

Sono cameriere (primo posto) assistente di cucina (secondo) e cuoco (terzo) le professioni più cercate nella categoria turismo e ristorazione del 2023.Lo ha rilevato uno studio di mercato sulle professioni estive di una piattaforma nazionale per la ricerca di lavoro online.E le previsioni per l'estate 2024 solo le stesse, se non peggiori. Il risultato è uno solo: ristoratori e baristi, per riuscire a tenere aperto, riducono o cambiano gli orari e aggiungono riposi. E tra di loro c'è chi comunque ha scelto di rallentare il ritmo.

Lo sa bene Roland Buratti, presidente dell'Azienda di soggiorno e commerciante. «Per avere una città viva, a misura di turista, vorremmo poter contare su quanti più locali aperti... quanto più a lungo ma mi rendo perfettamente conto che è sempre più difficile», dice Buratti, «La carenza di personale, soprattutto tra i pubblici esercenti, è pesante. In tanti sono costretti a ridurre l'orario di apertura». C'è chi aggiunge un giorno di riposo o lo inserisce se non l'ha mai fatto. «Ma soffrono anche i negozi, fate un giro per esempio in centro e guardate quanti cartelli con la scritta"cercasi commessa o commesso". Non so come fanno le grandi catene vedo che comunque il turn over è continuo.

La grossa difficoltà poi è trovarlo bilingue», ancora Buratti. Perché succede? «Anche perché vogliono tutti più tempo libero e non lavorare sabato e domenica».

Franco Collesei, del Walthers' lavora grazie e trenta dipendenti: «Fatichiamo a trovare personale. Non so se riuscirò a tenere aperto ancora sette giorni su sette. Non credo. Vogliono tutti più tempo libero». Sulla bacheca del bar-osteria "Picchio" di via San Quirino si legge «Fino a nuovo ordine apriremo prima la mattina (7) e il pomeriggio (17), ma per preservare le nostre stanche menti, per un po' resteremo chiusi di sabato». I titolari del Black Sheep di piazza Erbe spiegano che è difficile riuscire a rimpiazzare il personale che se ne va.

Così Manuel Nardo: «L'impiego apparentemente è facile, accessibile a tutti. C'è chi decide di lavorare in un locale finché studia, perché non trova altro, chi sceglie di occupare così un pezzo di vita. Ma poi se ne va. Per evitare il continuo turn over - e per assicurare stipendi più alti perché in questa terra non vivi con 1.400/1.500 euro al mese - cerchiamo di puntare su formazione, corsi di specializzazione, visita alla cantine, alle fiere di settore. Ma comunque non basta e non è facile ed anche noi ci siamo trovati a riflettere sul da farsi, se chiudere per esempio un giorno a settimana. Penso che occorra rivedere l'orario per avere un turno e non due. Poi ci sono le ferie. L'anno scorso abbiamo chiuso a gennaio, d'estate per fortuna siamo riusciti a trovare uno stagionale che ci ha permesso di coprire i turni e di far fare ferie a rotazione ai dipendenti. Oggi non si riesce più a lavorare "a chiamata", non viene nessuno».













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