La storia

Salorno, chiude l’ultimo forno per il pane

Da due generazioni l’azienda - nella centralissima via Roma - è condotta dalla famiglia Dalpiaz che il 30 giugno passerà la mano. Il rammarico dei clienti ma anche dell’amministrazione comunale. Il vicesindaco Cortella: «Un punto di riferimento per tutta la comunità»


Jimmy Milanese


SALORNO. Con il 30 giugno prossimo chiuderà lo storico panificio con annesso forno di via Roma a Salorno. Gestito dal 1977 dalla famiglia Dalpiaz, ma già dal 1948 forno del paese, negli anni il panificio è diventato un vero e proprio punto di riferimento per l'intero paese.

Lo si capisce subito che, oltre a vendere pane, il panificio gestito dai fratelli Milena e Diego è una vera e propria grande famiglia, tanto che praticamente quasi tutti i clienti vengono chiamati per nome e consigliati sulla base di gusti personali che Milena sembra conoscere a memoria. «Un mio amico ha aperto un ristorante in Thailandia e nel menù ha messo la scarpetta, perché io la pasta la mangio sempre con il pane», racconta Milena a un sua cliente che replica: «Milena, ma no dai, pane e pasta assieme non si può fare». Nel retrobottega, intanto, il fratello Diego è intento a sistemare il magazzino, dopo una notte a sfornare pane: 60 le diverse qualità per una prodotto di valore che non è mai stato intaccato dallo scorrere del tempo o dall'avvento del pane industriale precotto.

Chiude un’attività storica di Salorno e dell'intero Alto Adige, anche se i motivi di questa decisione Milena e Diego un pochino se li rimpallano, scherzandoci sopra. «Questa è un’attività che io e mio fratello amiamo, basti pensare che facciamo questo lavoro dai nostri sedici anni, ma è una occupazione difficile che spacca la schiena e comprime la tua vita sociale», racconta ancora Milena che in questo modo spiega perché nessuno si sia seriamente fatto avanti per rilevare forno e panificio. Che si faccia fatica a fare il pane, lo capiamo quando varchiamo la soglia del reparto vendita per accedere all'area forno. Nonostante il pane sia già stato sfornato, il caldo è ancora torrido, anche se quel profumo di pane e le chiacchiere in sottofondo di clienti che sembrano rincasare, più che fare la spesa, riporta le lancette a un mondo antico di sapori che piano piano abbandonano i nostri borghi storici.

«Qui iniziarono i nostri genitori Gervasio Dalpiaz e Lilia Eccher, quasi 50 anni fa», ricorda Milena che ci parla mentre è intenta a servire un cliente. Non uno a caso, ma Alfredo Bee, a sua volta ex panettiere che proprio in questo locale tra il 1960 e il 1963 fece il suo tirocinio. «Un vero peccato che i Dalpiaz chiudano, non saprei che dire d'altro: qui il tempo non è mai passato, visto che la qualità del pane è sempre stata come una bussola per Milena e Diego», spiega uno che di pane se ne intende. Così deve per forza essere, visto che a pochi giorni dalla chiusura, dal suo cilindro il taciturno Diego ha sfornato un'altra sua creazione chiamata “Lenti”: appunto, una qualità di pane a lentissima lievitazione.

«Il nostro è sempre stato un pane attento alla salute dei nostri clienti, visto che utilizziamo farine intere del mulino Varvello il quale da anni collabora con la Fondazione Veronesi di Milano», chiosa Milena sorridendo a un’amica e cliente che ricambia: «Certe cose non possiamo mica raccontarle, ma se Milena lavora qui, beh, un poco lo si deve anche a quella volta che le presentai.....ma non mi faccia parlare», interviene sorniona Maria Barbi. Amica di Milena, Maria da sempre è cliente del panificio Dalpiaz e dietro il suo bellissimo sorriso celato dalla mascherina si nascondono – si fa per dire – tutte quelle belle storie di paese che incrociano per impreziosirla la vita delle persone.

Ed è un via e vai di clienti che tra una pagnotta e l'altra si confessano, raccontano aneddoti, continuano discorsi iniziati la mattina precedente che saranno destinati a proseguire quella seguente. Un piccolo teatro dei sapori che si sprigionano ogni volta che Mirella o la sua collaboratrice prelevano da cestini ricamati con i colori d'altri tempi una delle tante specialità che il forno Dalpiaz può offrire. Tra i clienti, anche Ivan Cortella, vicesindaco che si rammarica per questa decisione verso la quale l'Amministrazione però è impotente. «È triste vedere un luogo prezioso come questo chiudere senza che qualcuno si faccia avanti per rilevarlo così com’é», spiega Cortella che aggiunge: «Perdiamo un pezzo del nostro paese nel quale tutti i cittadini di Salorno sono passati ma che è frequentato anche da persone dei paesi limitrofi», sottolinea il vicesindaco anche in qualità di membro della Coldiretti.













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