A Bolzano la prima scuola sotterranea d’Italia

Tre piani «ipogei» per la scuola delle professioni sociali, incassata nello storico complesso dei frati Cappuccini sottoposto a tutela. Spesa di sei milioni e mezzo di euro



di Paolo Cagnan

BOLZANO. E chi l'ha detto che non si può costruire sottoterra? Ieri, a Bolzano è stata inaugurata la prima scuola ipogea d'Italia: una scommessa già vinta, a giudicare dai risultati. E uno stimolo per ragionare sul consumo di suolo e sulle “città sotterranee” in contrapposizione urbanistica e concettuale ai grattacieli e alla loro verticalità invasiva. In questo caso, si trattava di ampliare la scuola superiore per le professioni sociali “Hannah Arendt” situata in pieno centro storico, nell'ex convento dei frati Cappuccini (complesso sottoposto a tutela storico-artistica) tra le vie Cappuccini e Isarco.

Servivano parecchie nuove aule, più i laboratori. L'architetto Claudio Lucchin si è così “inventato” un'appendice sottoterra: quattro piani scavati dopo aver consolidato il perimetro con micropali, una struttura portante in calcestruzzo armato e, soprattutto, una serie di soluzioni per ovviare ai quattro problemi principali del vivere sottoterra: luce, senso di claustrofobia, ventilazione e umidità.

La chiave dell'operazione è costituita da un ampio lucernario e dalle pareti vetrate che avvolgono tutti i locali: cinque aule a testa nei primi due piani, quattro laboratori nel terzo interrato e i locali tecnici nel quarto. Il risultato è per molti aspetti sorprendente: la luce naturale filtra abbondantemente all'interno dal lucernario e le aule si affacciano su una corte interna spaziosa e destinata ad “agorà”. Nessun senso claustrofobico, anzi: la sensazione di un luogo vivo e coinvolgente. L'umidità è stata eliminata con pareti schiumate, mentre la ventilazione è garantita da un ricambio d'aria programmata.

Gli studenti occuperanno le aule sotterranee al rientro dalle vacanze di Natale, il sette gennaio del 2013. Ieri, alla presenza di mezza giunta provinciale, la consegna delle chiavi.

A fare gli onori di casa l’architetto Josef March: «Già negli anni Ottanta, il Lerop aveva previsto la possibilità di costruire sottoterra. Ma si pensava a garage, magazzini, palestre come quelle del Talvera. Non certo a un’intera scuola». La Hochschule per le professioni sociali aveva bisogno di espandersi per il continuo aumento di studenti, ormai oltre quota seicento: così ha spiegato l’assessora provinciale alla scuola, Sabina Kasslatter-Mur. «C’è stato un vero e proprio boom del settore - ha detto l’assessore provinciale Richard Theiner - tanto che in dieci anni siamo passati da 3.800 ad oltre 6.000 posti di lavoro». Il suo collega ai lavori pubblici Florian Mussner ha sottolineato come l’architettura si adatti perfettamente al nuovo concetto d’apprendimento: «Non più classi chiuse ma spazi trasparenti, piccoli gruppi di lavoro, postazioni multimediali».

“Volevamo dimostrare - spiega orgoglioso l'architetto Lucchin - che sottoterra non si possono costruire solo palestre, musei o appendici di centri commerciali. Direi che ci siamo riusciti”. Le cifre del progetto sono presto dette: una profondità di 17 metri dal lucernario all’ultimo interrato, una superficie di 2.030 metri quadrati e una cubatura di 11.000 metri. Il tutto, per una spesa complessiva di quasi sei milioni e mezzo di euro, di cui 3,8 per le opere edili. Il progetto per le “Harendt” potrebbe fare scuola, non solo in Alto Adige: il consumo di solo è un tema sempre più caro ad architetti, urbanisti e committenza pubblica.

Nel campo dell’edilizia scolastica - in quest’ultima legislatura moltissimi istituti sono stati completamente riammodernati - esistevano già alcuni esperimenti, dal liceo scientifico Torricelli al «Pascoli» sino alle HOB di lingua tedesca, ma il progetto di Lucchin e del suo team segna una svolta.

Incassata com’è nel complesso dei Cappuccini (che tra l’altro vanta un’area archeologica di grande interesse, anche se pressoché sconosciuta e non accessibile agli esterni), la scuola per le professioni sociali era stata costruita nel 2000 e già quel primo intervento era apparso di buon livello. L'edificio esistente, con ingresso sul vicolo Wolkenstein, è stato adeguato e ampliato con l'inserimento di un nuovo volume tra il convento e il muro di cinta, al quale si è ora aggiunto un nuovo corpo. Le soluzioni tecniche studiate per ovviare a claustrofobia e mancanza di luce fanno parte - ha sottolineato Mussner - di un progetto pilota, il cui interesse varca i confini provinciali.

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