L'intervista

Achille Chiomento: «Mi spiace dover andare in pensione a 70 anni»

In 40 anni di professione nel suo studio di medico di famiglia in via Parma sono passate due generazioni di bolzanini. L’impegno con il Consultorio Aied e per le battaglie dei Radicali


Antonella Mattioli


BOLZANO. «Un peccato, dover andare in pensione a 70 anni. Nonostante la burocrazia che ci porta via un sacco di tempo, negli ultimi anni mi sono appassionato ancora di più a questo lavoro. La legge però ha fissato un limite anagrafico e non posso che adeguarmi». Medico di famiglia da 40 anni, dall’ambulatorio in via Parma di Achille Chiomento sono passate due generazioni. Ma a Bolzano è molto conosciuto anche per il suo impegno politico: punto di riferimento dei Radicali, è stato consigliere comunale. Protagonista delle battaglie per l’aborto e oggi per l’eutanasia e la liberalizzazione delle droghe leggere.

Come ha passato queste prime settimane di libertà?

A dire la verità di libertà ne ho avuta poca finora. Perché un giorno sono andato a fare la terza dose della vaccinazione anti-Covid ai trapiantati. Poi ho dovuto rispondere ai tanti pazienti che mi hanno scritto per ringraziarmi: sinceramente non me lo aspettavo. Poi sono ancora impegnato nel predisporre le schede dei miei pazienti da inviare a chi mi sostituirà.

Ma scusi, nell’era dell’informatica, non basta un click?

A Trento sì. A Bolzano no. Nonostante gli investimenti fatti dalla Provincia in questo settore, siamo ancora indietro. A Trento il medico di famiglia con un click vede gli esami prescritti al suo paziente. Qui invece siamo ancora all’età della pietra. Il paziente deve andare personalmente a ritirarli; oppure scaricarli online, portarmeli e io devo poi inserirli nel computer.

A questo punto si faceva prima quando esisteva solo la scheda cartacea.

Non c’è dubbio.

Eppure la Provincia ha investito milioni di euro sulla digitalizzazione della sanità.

È questa la cosa assurda. Forse era più semplice copiare il modello trentino.

Cosa pensa della decisione della Provincia di aprire un corso universitario di Medicina a Bolzano?

Non conosco gli studi che sono alla base di questa decisione, ma non ne vedo la necessità.

La necessità è dettata ad esempio dalla carenza di medici di famiglia oltre che di specialisti.

Da me in studio sono venuti diversi giovani medici a fare il tirocinio. Arrivavano tutti da fuori, perché a casa loro non trovavano lavoro. Semmai la domanda da farsi è un’altra?

Ad esempio?

Un giovane va a Innsbruck o a Padova a fare Medicina, perché non c’è la facoltà a Bolzano o “emigra” per altre ragioni. A mio avviso, è giusto che uno studente vada a fare esperienze nel resto d’Italia o all’estero. E poi se il sistema altoatesino sa essere attrattivo, tornerà.

Lei ha lavorato anche all’Aied come ginecologo ed è stato protagonista della battaglia per l’aborto. Cos’è cambiato?

Che il numero di aborti, fortunatamente, è crollato. È la conseguenza del fatto che le giovani generazioni sono molto più informate e usano con più disinvoltura gli anticoncezionali. Ricordo ancora il dramma di chi superato il limite dei tre mesi, doveva emigrare in Inghilterra o in Svizzera; oppure restare in Italia e ricorrere all’aborto clandestino.

Oggi la battaglia dei Radicali è per il referendum sull’eutanasia.

È arrivato il momento di affrontare questo tema, indubbiamente molto delicato, in maniera chiara. Alla persona deve essere riconosciuto il diritto di dire “basta”, senza essere costretti ad emigrare in Svizzera. Va data anche la possibilità di essere assistiti da un medico. Bisogna potersene andare in modo “dignitoso” e senza che il professionista, rischi la condanna. In questi anni ho raccolto molte dichiarazioni anticipate di trattamento sanitario.

Come ha vissuto l’emergenza Covid?

La cosa che ho sofferto di più - almeno all’inizio - è stata la mancanza di informazioni. Carenza alla quale ho cercato di supplire andando a leggere le linee guida che venivano seguite negli Stati Uniti. Ho visto pazienti ammalarsi in maniera anche grave; ne ho visti morire. E tra chi è guarito c’è chi fa fatica a riprendersi a causa del Long Covid.

Lei ritiene che il peggio sia ormai alle spalle?

Direi proprio di sì. E se ne stiamo uscendo, il merito è di chi si è vaccinato. Oltre che di chi ha lavorato giorno e notte prima per mettere a punto e poi produrre i vaccini.

L’Alto Adige però continua ad essere in fondo alla classifica nazionale delle vaccinazioni.

Purtroppo è così. Possiamo ancora fare di tutto e di più per convincere gli indecisi. Mentre la causa è persa in partenza con coloro che sono convinti che dietro il Covid ci sia un complotto mondiale.

Il guaio che è ci sono anche medici e infermieri tra i no-Vax.

Ancora peggio. Mi chiedo cosa usino queste persone per curare i propri pazienti, visto che il rischio zero non esiste. Il ribes nero per rafforzare le difese immunitarie?

E adesso cosa farà?

Parteciperò alla campagna di vaccinazione anti-Covid e continuerò a lavorare privatamente. Ma fare il medico di famiglia è tutta un’altra cosa.













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