«Agirono contro gli interessi della gente»

I giudici contro Calò, Spagnolli e Januth: «Rilevante il danno arrecato alle casse pubbliche»


Mario Bertoldi


BOLZANO. Un esempio di arroganza politico-amministrativa e di mala gestione delle risorse pubbliche. E' questo in sintesi il giudizio che emerge sull'operato dell'ex amministratore delegato di Azienda energetica Pietro Calò e dei sindaci di Bolzano e Merano. Al centro della sentenza della Corte dei Conti, che abbiamo anticipato ieri, c'è come noto la sponsorizzazione di Azienda Energetica (ritenuta spropositata anche in relazione all'entità dell'impegno finanziario) per i campionati mondiali giovanili di atletica leggera svoltisi nel 2009 a Bressanone. Dalle motivazioni dei giudici contabili (presidente Paolo Neri, consiglieri Enrico Marinaro e Irene Thomaseth) emerge una condotta dei tre pubblici amministratori non solo gravemente censurabile ma anche priva, per la determinazione dimostrata nel voler raggiungere l'obbiettivo, di qualsivoglia attenuante. Le figure di Pietro Calò e dei sindaci Luigi Spagnolli e Günther Januth escono obbiettivamente malconce dal dettato della sentenza. Il giudizio è ovviamente molto severo nei confronti dell'ex amministratore delegato di Azienda Energetica, ma anche per i due sindaci i giudici parlano espressamente di comportamento inopportuno con cui sono state violate «le più elementari regole poste a tutela degli interessi della collettività». Parole pesanti come macigni, soprattutto nei confronti di due primi cittadini che debbono rispondere del proprio operato non solo davanti alla legge ma anche ai propri cittadini. IMPUNITA'. La vicenda di questa maxi sponsorizzazione non nasconde interessi economici personali degli amministratori coinvolti. Non è una storia di soldi o di mazzette quanto piuttosto di presunzione di impunità nel perseguire a tutti i costi il progetto di cui probabilmente Calò (grosso appassionato di atletica leggera) si era innamorato. Su Pietro Calò alcuni passaggi della sentenza sono impietosi: «Non possono esservi dubbi in ordine alle sue gravissime responsabilità». Dalle motivazioni emerge il convincimento dei giudici contabili che l'allora amministratore delegato di «Azienda Energetica spa» non può che essere ritenuto il vero promotore di questa iniziativa. L'ESECUTORE. «Calò - scrivono i giudici - non può essere ritenuto mero esecutore di una volontà altrui». Non furono i sindaci, dunque, e non furono nemmeno gli altri responsabili della società a volere portare l'atletica mondiale giovanile a Bressanone. Tutt'altro. In sentenza i giudici della Corte dei Conti ritengono dimostrato che Pietro Calò agì «con pervicacia senza tenere nel minimo conto le riprovazioni palesemente fondate più volte espresse dal collegio sindacale». IL DISEGNO. Ed è qui che emerge il disegno dell'allora amministratore delegato che, secondo la sentenza, sarebbe andato addirittura oltre ai poteri a lui conferiti dal consiglio di amministrazione della società per azioni. Calò - si legge ancora in sentenza - era consapevole di aver oltrepassato i limiti della delega conferitagli dal consiglio di amministrazione, ma non si fermò nel suo progetto. Anzi. Sarebbe stato talmente consapevole della temerarietà del suo operato che cercò subito un appoggio nei sindaci Spagnolli e Januth, ben sapendo che lo avrebbe avuto. L'ADESIONE. Era il 20 febbraio 2009 quando lo stesso Pietro Calò (che probabilmente sapeva delle resistenze che avrebbe incontrato in seno alla società) chiese ai primi cittadini di Bolzano e Merano una esplicita adesione al progetto. Ma anche i due sindaci - sottolineano i giudici contabili in sentenza - sarebbero andati oltre le righe esercitando un'influenza «che non avrebbero potuto esercitare» senza il coinvolgimento ed il consenso per lo meno delle rispettive giunte comunali. OPPOSIZIONE. In sentenza i giudici rilevano che il collegio sindacale di Ae (che ha compiti di controllo nella gestione del bilancio) il 25 maggio 2009 disapprovò energicamente l'operazione dopo aver preso visione del contratto di sponsorizzazione che l'amministratore delegato aveva firmato poco più di un mese prima. La contrarietà era tale che in due riunioni (l'11 ed il 23 giugno 2009) il consiglio di amministrazione diede mandato al direttore generale Tutzer di tentare di rinegoziare l'impegno finanziario assunto. I risultati però furono modesti - si legge in sentenza - in quanto l'obbligo contrattuale di «Azienda Energetica spa» nei confronti di «Südtirol 2009» era già stato sottoscritto. IL DANNO. La sentenza, infine, si sofferma sulla verifica del danno arrecato alle finanze pubbliche ed in paricolare ai Comuni soci di Bolzano e Merano. «Se si pensa - scrivono i giudici - che ogni risparmio di spesa determina un aumento di utile di esercizio, destinato ad essere distribuito come dividendo o ad essere accantonato a riserva andando ad incrementare il patrimonio netto della società, il danno arrecato è innegabile». Il ragionamento della Corte dei Conti è lineare: anche in caso di mancata liquidazione tra soci di un maggiore dividendo, il risparmio dei 200 mila euro avrebbe comunque comportato un aumento del valore di partecipazione dei soci. Anche sotto questo profilo la sentenza costituisce una chiara sconfitta delle tesi sostenute dagli avvocati difensori nel corso del processo. I legali infatti ritenevano che non fosse assolutamente provato il danno arrecato ai Comuni di Bolzano e Merano in quanto i soldi impiegati avrebbero fatto parte del budget comunque previsto per le spese pubblicitarie.

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