Andrea e Paolo: «Sposati a New York ma qui non vale»

La coppia: il registro delle unioni civili di Bolzano è una farsa «Siamo indietro, in città tanti nella nostra situazione»


di Antonella Mattioli


BOLZANO. «Dopo che, l’altro giorno, una sentenza della Corte suprema americana ha stabilito che il matrimonio gay - finora legale in 37 Stati, da giovedì in tutti 50 - è un diritto costituzionale, c’è la speranza che finalmente anche in Italia qualcosa cominci a muoversi. Tutto può contribuire a fare un salto culturale: dalla sentenza americana al corteo con 150 mila persone di sabato a Milano».

Paolo Divina, 38 anni, originario di Borgo Valsugana, residente a Bolzano dopo il matrimonio, responsabile commerciale della società “Comunicare oltre”, ha vissuto sulla sua pelle il disagio di dover “emigrare” per sposarsi con il compagno Andrea Mier, 42 anni, fisioterapista bolzanino.

«Noi - spiega Mier Divina, che ci tiene ad aggiungere al suo cognome anche quello del compagno - abbiamo celebrato la “cerimonia di unione” il 7 settembre del 2013, alla discoteca Hollywood di Bardolino. È stato il gestore Gianpaolo Marconi, un amico, ad unirci. Tra parenti e amici eravamo in 150: è stata una bellissima festa. Ma non bastava: abbiamo sentito il bisogno di regolarizzare l’amore che ci lega».

È così che all’inizio del 2014 Andrea e Paolo hanno deciso di andare a celebrare il matrimonio a New York.

In realtà, sono ormai diversi i Paesi europei che prevedono nel proprio ordinamento le nozze tra persone dello stesso sesso, ma loro hanno scelto la città della Grande mela (lo Stato di New York, sesto negli States, nel 2011 ha approvato la legge che riconosce il diritto al matrimonio omosessuale), perché è lì che avevano fatto il primo viaggio assieme.

«Ci siamo sposati il 19 febbraio dello scorso. Lì abbiamo incontrato un’altra coppia di bolzanini: ci siamo fatti i testimoni a vicenda».

Ciononostante queste nozze in Italia non hanno alcun valore giuridico. «Quando il sindaco Spagnolli aveva annunciato di aver istituito il registro delle unioni gay mi ero illuso. Ma poi, informandomi meglio, ho scoperto che è tutta una farsa. Se volessimo registrarci, dovremmo far tradurre l’atto di matrimonio ricevuto in America, quindi andare dal Giudice di pace a farsi rilasciare un documento con cui recarsi in Tribunale a far siglare l’atto. Poi all’Ufficio anagrafe per registrarci nell’elenco delle coppie gay che però non ha alcun effetto giuridico. Per questo non abbiamo fatto nulla, perché non ci viene riconosciuto alcun diritto comunque. Inutile dunque buttar via soldi e tempo».

Adesso che, dopo l’Irlanda, dopo il Parlamento europeo anche l’America ha detto sì ai matrimoni omossessuali, la posizione dell’Italia diventa sempre più minoritaria rispetto al mondo e non soltanto l’Europa.

Attualmente è in discussione al Senato un disegno di legge che non parla però di matrimoni gay, bensì di unioni civili secondo il modello germanico che prevede anche la possibilità di adottare il figlio biologico del compagno. «Avere un bambino - ammette Paolo - sarebbe bellissimo, però su questo siamo tradizionalisti. Meglio evitare di creargli problemi: la nostra società purtroppo non è ancora pronta».













Altre notizie

Attualità