BOLZANO

Bolzano, commessi a muso duro per contratto e festivi

Buona adesione (30%) con delegazioni di Metro, Zara, Ovs, Aspiag e Coin. I lavoratori: «Stipendi da fame fermi da anni e ritorsioni per chi protesta»


di Massimiliano Bona


BOLZANO. I commessi della grande distribuzione scesi in piazza ieri erano arrabbiati e determinati. Solo uno su tre (il 30 per cento secondo le stime di Cgil, Cisl, Uil e Asgb) ha trovato il coraggio di astenersi dal lavoro per non dover fare i conti da lunedì con minacce e ritorsioni. Soprattutto nei punti vendita più piccoli, dove le assemblee sono vietate, i dipendenti vengono pagati (spesso) con i voucher, lavorano (quasi) tutte le domeniche e se non rispettano alla lettera i turni rischiano di cambiare sede dalla mattina alla sera. L’ultimo rinnovo del contratto risale al 2011 e Federdistribuzione ha proposto per il 2016 - a titolo di anticipo - solo 15 euro, senza tenere conto degli stipendi bloccati negli anni precedenti a causa del calo (oggettivo) del fatturato. Chi è sceso in piazza ieri, a ponte Talvera, ha in tasca un contrattato a tempo indeterminato e può permettersi di alzare la testa. Gli altri hanno rispettato i turni e timbrato il cartellino, ma avrebbero voluto essere lì. A protestare. «Anche io - spiega il responsabile del reparto pesce di un punto vendita Aspiag - se non avessi avuto le spalle coperte sarei andato a lavorare. Ma anche chi ha un contratto a tempo indeterminato deve lottare ogni giorno: mi hanno spostato le ferie di tre mesi e fatto pesare due ritardi. Le domeniche, ormai, sono la regola, soprattutto per i nuovi assunti. Oggi era doveroso esserci per dire che così non ci stiamo».

Festivi, le commesse ora puntano i piedi Discreta adesione - dopo il volantinaggio nei megastore - alla serata sui diritti organizzata dall Cgil

Ieri erano rappresentante diverse catene: da Metro a Zara, da Ovs ad Aspiag e Pam. A livello nazionale ci sono altri grandi marchi nelle stesse condizioni: Coin, Auchan, Carrefour, Ikea ed Esselunga, ma anche Limoni e Maxi Zoo Italia. «Stiamo parlando - sottolinea Maurizio Surian della Cgil - di oltre 3 mila commessi in Alto Adige, ai quali viene negato il contratto approvato sia da Confcommercio che dall’Unione. Federdistribuzione propone 1800 euro lordi annui di aumento contro i 3000 di tutti gli altri, per Confcommercio gli aumenti sono scattati dal 2015 mentre la Gdo propone zero copertura per 2014, 2015 e parte del 2016. La Grande distribuzione vuole versarci 15 euro a titolo di anticipo per il 2016, mentre Confcommercio ne ha già erogati 30 e ne erogherà altri 15 a giugno 2016. Di questo passo ci saranno commessi di serie A e serie B. Non ci vengono riconosciuti la giusta dignità e il giusto salario».

Francesca Bolognese, 48 anni, è in Metro dal 1989. «Lavoro 12 domeniche l’anno ma i nuovi assunti ne fanno 48 su 52. E i nuovi sono una trentina, ovvero quasi la metà del totale. Rispetto ad altre aziende alla Metro il confronto con i sindacati è costante. Se penso ai megastore, dove i voucher sono la regola, stiamo sicuramente meglio. In assoluto, nell’ultimo decennio, la situazione è peggiorata per tutti a causa del calo dei fatturati». Luciano Colella lavora alla Pam: «Per ferie e turni l’organizzazione è carente e tra i nuovi assunti pur di avere il contratto c’è chi ha dovuto accettare anche il cambio di sede da Verona a Trento. Io facevo il macellaio e sono diventato un jolly e gli orari cambiano sempre». La delegazione Aspiag di Bressanone è tra le più agguerrite: «Siamo aperti praticamente sempre e riposare durante la settimana non fa piacere a nessuno: i figli sono a scuola e gli amici lavorano. Questa politica aziendale non ci aiuta. È già capitato, a chi ha cercato di far valere i suoi diritti, di essere trasferito a Castelrotto o Ortisei. E questo per 1.300 euro al mese, domeniche comprese. È difficile dire se ne valga davvero la pena».

Federdistribuzione, in una nota, non ci sta: «L’adesione allo sciopero è stata inferiore a dicembre. Viviamo un quadro economico nel quale da anni la redditività è in calo, i consumi non ripartono e la strada per uscire dalla crisi è complessa. Le imprese hanno bisogno di recuperare produttività per affrontare le sfide del futuro. Una situazione che i sindacati non capiscono, ostinandosi a pretendere condizioni economiche che, se applicate, rischiano di riproporre difficoltà occupazionali».













Altre notizie

Attualità