Casa di vetro nell’Agruzzo dell’allievo di Zaha Hadid

Peter Pichler, bolzanino di 30 anni, master all’estero ha rotto tutti gli schemi L’ha costruita per Sabine Staffler e l’idea si chiama «Mirror units»


di Paolo Campostrini


SAN GIACOMO. E d'improvviso, tra i frutteti , eccola la casa planata da chissà dove. Vetro in cui si specchiano le montagne intorno da un lato, vetro che si apre sulle campagne dell'Agruzzo dall'altro. Come dire: il paesaggio che entra "in" casa, il paesaggio che esce riflesso "dalla" casa. Scusi, architetto, ma come ha fatto a farla qui? «Ho chiesto i permessi e me li hanno dati». Si intendeva: come ha fatto in mezzo a tutta questa tradizione continuamente riproposta, i tetti rossi, gli intonaci...«Ho spiegato la qualità del progetto. E il contemporaneo sta bene in mezzo al paesaggio molto più di certe citazioni....». Voleva dire similbavaresi o neotirolesi Peter Pichler.

È lui l'autore. Bolzanino, poco più che trentenne ha riportato in Alto Adige la lezione di Zaha Hadid. Master all'estero e poi esperienza negli studi dell’iraniana più famosa del mondo, donna-guru della modernità applicata al costruire o al "decostruire", curve d'acciaio, musei ovunque (anche quello di Messner). Con lei e con Patrick Schumacher, il suo socio, Peter Pichler ha messo a punto un nuovo approccio all'architettura domestica e non solo. Qui, verso l'aeroporto, al confine tra i comuni di Bolzano e Laives (territorio di quest'ultimo, amministrativamente), subito dopo le rotonde della tangenziale, dentro stradine tortuose e coperte dai meleti, ha costruito la domus nova. L'ha fatta per una bolzanina, Sabine Staffler, dinastia di albergatori (suo fratello è Franz, del Laurin), spirito imprenditoriale applicato anche a quest’ultimo progetto che, appunto, diventerà unità abitativa divisa in due per affitti temporanei, l'ultima frontiera dell'accoglienza nel terzo millennio. "Mirror units" si chiama infatti l'idea. Specchi e vetri chiusi da acciaio e legno ma tutto, probabilmente replicabile, perchè calcolato al millimetro nei rapporti costruttivi. Rigore ma non zen, perchè le linee dritte e le curve lasciano spazio all'architettura organica, quella che piega e si insinua come un oggetto vivo. Tutto dentro le nuove frontiere del "parametricismo", la corrente architettonica nata negli studi Adid-Schumacher e che mette insieme la tecnologia 3d alla fluidità delle linee.

«Ci ho messo dentro molta della mia voglia di trasparenza e leggerezza - dice l'architetto bolzanino - e anche di amore per questa terra. Che, infatti, si riflette ovunque nella casa».È stato a Londra, a Berlino e ancora a Vienna e ad Amburgo. Ora pensa di aprire un suo studio, finalmente, a Milano, Peter Pichler. Nella patria del design internazionale e delle aziende innovative. Ma anche di progettare qui, in Alto Adige. «Per questa casa di Sabine - spiega- l'idea è nata dal collegamento con l'esistente abitazione della committente. Ho voluto legarla ma non ripetendo i suoi parametri. Cercando un linguaggio nuovo». La "temporaneità" dell'abitarci, con questa formula degli affitti, gli ha fato poi forzare, progettualmente, sul piano della linearità e, magari, replicabilità. La funzione unita all'estetica. Come un codice capace di legarsi alla natura così come al costruito. Come solo la contemporaneità riesce ormai a fare perchè in grado di muoversi dentro materiali inediti. Ultimo particolare: dentro si vive bene. Calore e intimità sono garantiti. Anche senza trasparenza. Quella appare se si vuole ma è lì, a disposizione.

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