Casa, l’odissea di Antonio nella giungla degli affitti d’oro 

La denuncia. L’operaio: «Mi è arrivata la lettera di fine contratto, devo andarmene, ma i prezzi a Bolzano sono proibitivi Ho chiesto aiuto all’Ipes, mi hanno risposto che ho un punteggio troppo basso: dovrò attendere ancora altri anni»



Bolzano. Sta provando da tre mesi a trovarsi un’altra casa. Niente. «Sono andato in via Resia: 1100 euro per 65 metri quadri, non una reggia. Poi in via Tre Santi, 1400. Neanche parlarne. Ieri, in via Palermo, avevo sentito di un subentro. Mi hanno chiesto 950mila al mese. Che dire?». Nulla. Se n’è andato. Quella di Antonio Ferrara è una storia di ordinaria Bolzano. Fatta di prezzi che uno stipendio come il suo, da tre anni in Seab, da quasi venti in cantiere, può sopportare tenendo a malapena la linea di galleggiamento. «Pago l’affitto e fin tanto che è questo, arriva a 800 al mese per un paio di stanze. Pago poi qualche rata e sono arrivato», sorride a fatica. Ma adesso è peggio. Perché a novembre, come una sentenza, gli è arrivata la lettera di fine contratto. Deve andarsene da casa. Nessuna speranza di proroga? «Ci ho provato. Ma il proprietario mi ha risposto che deve metterci la suocera. Che faccio? Mi barrico?».

No, non è il tipo. E allora via con l’odissea nella Bolzano degli affitti al settimo cielo. Ma Antonio Ferrara è anche dentro un’altra di quelle dinamiche che mostrano l’altra faccia di questo territorio. «Sono mesi - racconta- che ho mandato all’Ipes, sotto forma di lettera, tutto quello che riguarda la mia vita. Il mio reddito, la mia parziale disabilità aggiunta a quella di mia moglie. E poi nostro figlio, che ha 20 anni scarsi e vive con noi. Il lavoro, la permanenza a Bolzano, la disperazione dello sfratto, gli affitti impossibili.». E allora? «Mi sono arrivati solo dei no». Del tipo: il punteggio è troppo basso, ci sono tanti prima di lei, con le sue note potrà avere un’abitazione agevolata tra parecchi anni. Insomma, tutto quello che serve per aggiungere depressione a mancanza di possibili orizzonti. Poi ci sono anche le telefonate.

Una di queste, con un funzionario, Ferrara la racconta a testa bassa ma a rabbia molto alta. Insomma, un giorno chiama l’Ipes. Chiede, informa, aspetta la risposta. Che arriva così: «Detto in due parole, questo mi dice: ma perché non fate un altro figlio? Io le dico, tenendo a freno il nervosismo: guardi che mia moglie ha subito un’operazione, non possiamo più avere figli». E lui? «Allora c'è solo da sperare in un miracolo del Signore, mi ha detto. Io non ce l’ho fatta più. Ho chiuso la conversazione». Questa del punteggio che non basta è una storia che ad Antonio non va giù. Lui, negli anni di cantiere, ha lavorato in tanti appartamenti Ipes. Ne ha visti di piccoli ma anche di molto grandi. Adesso si chiede come sia possibile. Si aspetta anche l’obiezione che corre sul filo in questi casi.

«Non voglio mettere il naso in faccende più grandi di me - spiega - qui non si tratta di italiani, stranieri, colore della pelle o cittadinanza. Si tratta di darmi una risposta. Non ho i soldi per pagarmi un affitto sul libero mercato, ho moglie a casa e figlio, ho un lavoro che mi permette solo di sopravvivere. Ma adesso, la mia parziale invalidità mi costringe ad un intervento. E dopo l’operazione non potrò più fare quei lavoretti che mi consentivano di andare avanti . Chiedo: che faccio?». Già, bella domanda. Anche la strada dei contributi provinciali sull’affitto è una via in salita: gli arriva solo il 10% del totale. Quasi 100 euro al mese, non di più. No, non bastano. Non bastavano prima, con una casa, non certo tra qualche mese con lo sfratto. Un “solo” figlio e nessuna casa. Ecco la Bolzano non da bere che ci vive accanto. Quella che esce dalle statistiche e entra direttamente nella vita delle persone. P.CA.













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