BOLZANO

Certezza della pena? «Ormai il carcere è un’eccezione anche a Bolzano »

Il giudice Carlo Busato: gli ultimi rilievi della Corte europea ci stanno limitando anche la sorveglianza speciale


di Mario Bertoldi


BOLZANO. Tra la gente c’è una diffusa sensazione di insicurezza, anche se in Alto Adige probabilmente in misura minore rispetto al resto d’Italia. E’ da questa considerazione che il giudice Carlo Busato, presidente della sezione penale del Tribunale di Bolzano, è partito ieri sera (nella sala del Circolo unificato dell’esercito in via Druso) per illustrare alcuni precetti legislativi che inevitabilmente condizionano l’operato della magistratura e delle forze dell’ordine. Quante volte si grida allo scandalo di fronte ad un malvivente arrestato in flagranza e rimesso in libertà dopo un paio di giorni? Spesso i cittadini non si capacitano e qualcuno può pensare ad una inefficienza del nostro sistema di difesa della legalità. In realtà tutto è conseguenza delle scelte del legislatore, che ha dovuto fare i conti con i rilievi ed i richiami europei sul sovraffollamento delle carceri italiane, sulla base del presupposto che ad un detenuto non può essere imposta l’ulteriore pena di vivere in condizioni disumane. Bolzano non fa eccezione. La capienza della casa mandamentale del capoluogo altoatesino è di 87 persone. Ieri dietro le sbarre in via Dante erano rinchiuse 102 persone, di cui 77 stranieri. In passato si sono toccate cifre ancora più critiche, arrivando a 130 detenuti. Questo nonostante le ultime disposizioni legislative che pongono il carcere come “ultima ratio” tra gli strumenti a disposizione per garantire sicurezza ai cittadini, soprattutto di fronte ad episodi di microcriminalità. «Sino a qualche anno fa finire in carcere per un ladro colto in flagranza era la normalità - ha ricordato il giudice Busato - oggi è diventata l’eccezione». Nella fase preliminare di un procedimento le possibilità di applicare all’indagato la custodia cautelare in carcere sono ormai molto limitate. Posto che la custodia cautelare può essere imposta solo in determinate condizioni (gravi indizi di colpevolezza, pericolo di reiterazione del reato, pericolo di inquinamento prove e pericolo di fuga) per i casi di micro criminalità il giudice deve in primo luogo verificare se il reato contestato comporti una pena massima di almeno cinque anni e se si possa realisticamente prevedere che il soggetto arrestato rischi concretamente una condanna superiore a tre anni di reclusione. Anche con queste valutazioni, la detenzione cautelare in carcere resta comunque l’”ultima ratio” perchè deve essere prima valutata la possibilità di imporre gli arresti domiciliari con ricorso (nei casi più a rischio) al braccialetto elettronico che però si è dimostrato strumento del tutto inadeguato in quanto privo di Gps con conseguente impossibilità in caso di fuga di poter sapere dove il detenuto si trovi. In altre parole in caso di evasione il sistema invia l’allarme alle forze dell’ordine ma il detenuto non si trova più. A quel punto se un soggetto è considerato socialmente pericoloso (per possibilità di reiterazione del reato) il giudice deve motivare perchè il carcere diventi necessario. Il soggetto può però far ricorso al tribunale del riesame ch, ovviamente, può arrivare a conclusioni diverse e revocare il provvedimento cautelare. La decisione del legislatore di limitare il più possibile il ricorso al carcere in sede preliminare (con il presupposto base della presunzione di innocenza di una persona non ancora condannata) ha provocato un aumento delle misure cautelari meno afflittive (e dunque più snelle) come il divieto o l’obbligo di dimora in una determinata località, il divieto di avvicinamento, l’obbligo di firma una volta al giorno presso una caserma dei carabinieri o di polizia, l’obbligo di non uscire di casa nelle ore notturne o di non frequentare soggetti pregiudicati. Nonostante questa scelta del legislatore le carceri italiane continuano ad essere sovraffollate. Alla serata informativa di ieri è intervenuto anche il capo della Squadra Mobile di Bolzano Giuseppe Tricarico. «Attualmente abbiamo una popolazione carceraria di 57 mila persone - ha ricordato - a fronte di strutture previste per un massimo di 50 mila detenuti». Ecco spiegato perchè le misure alternative al carcere sono, al momento, una via obbligatoria.

Ieri è stato anche sottolinato che alcune misure alternative si sono dimostrate molto efficaci (almeno sino ad oggi) perchè danno la possibilità di imporre ad un soggetto considerato pericoloso delle limitazioni comportamentali il cui mancato rispetto costituisce di per sè reato con tutte le conseguenze del caso. Il giudice Busato ha però evidenziato la propria preoccupazione per il fatto che la Corte di giustizia europea proprio di recente ha mosso rilievi sullo strumento della sorveglianza speciale che rispetto ad un provvedimento di custodia cautelare è meno afflittivo ma molto più flessibile e molto più semplice da applicare. Si tratta di una misura di prevenzione che si basa sulla valutazione degli indici di pericolosità di un soggetto per prevenire la commissione di reati. Una recente sentenza della Corte europea ha però rilevato che i presupposti della sorveglianza speciale in Italia «sono troppo evanescenti, lasciano troppa discrezionalità e costituiscono un eccesso di protezione preteso dallo Stato». «Così è sempre più difficile lavorare» ha sintetizzato il giudice Busato.













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