La storia

«Con il suo dono mio figlio mi ha dato una seconda vita» 

Davide Baratta, un anno fa, ha ricevuto il midollo da Luca: «Voglio restituire quello che ho ricevuto, collaborando con l’Admo»


Antonella Mattioli


BOLZANO. «Nella sfortuna sono stato fortunato: mio figlio Luca, con una compatibilità intorno al 50%, mi ha donato il midollo. E per me è iniziata una nuova vita». Davide Baratta, 48 anni, bolzanino, padre di tre figli, responsabile vendite in un’azienda, una settimana fa era sui prati del Talvera, al banchetto allestito dall’Admo, per dare una mano a vendere colombe e fare opera di sensibilizzazione.

«Dopo quello che ho vissuto, mi sono chiesto, cosa potevo fare, per contribuire a diffondere la cultura del dono. Ciò che posso fare è raccontare la mia esperienza a dimostrazione che guarire si può, ma è determinante trovare un donatore compatibile. Statisticamente uno ogni centomila. Ecco perché è importante averne tanti di potenziali, perché alla fine solo pochi potranno realmente donare».

La malattia a Davide Baratta è stata diagnosticata, casualmente, in occasione di un’analisi del sangue di routine. C’era qualcosa di anomalo nei valori e da un approfondimento successivo era risultato affetto da mielofibrosi.

«Ho convissuto con la malattia - racconta - per sei anni. Con controlli periodici, senza particolari problemi. Poi, due anni fa, la milza si è ingrossata, diventando tre volte più grande di quelle che sono le dimensioni normali. E i medici hanno deciso che bisognava toglierla. Non è bastato, perché la situazione stava peggiorando. Unica strada: il trapianto di midollo. Quando me lo hanno detto, mi è caduto il mondo addosso, perché sapevo che non sarebbe stato facile trovare un donatore».

È iniziata la ricerca nella banca dei potenziali donatori e tra i familiari.

«Sia mio figlio che mia figlia sono risultati avere una compatibilità intorno al 50%. Alla fine si è deciso che sarebbe stato Luca a donarmi il midollo».

Il trapianto nel febbraio del 2021, in piena pandemia.

«Nulla di traumatico - assicura Luca -: è poco più di una donazione di sangue. Io sono contento di aver potuto aiutare mio padre».

Davide Baratta è entrato in ospedale il primo febbraio del 2021 ed è uscito il 23 marzo. «È stato un periodo molto duro; reso ancora più difficile dall’emergenza Covid. Seppur a distanza, perché bisognava evitare in tutti i modi il rischio di un possibile contagio, mi sono stati vicino mia moglie e i miei figli. Nel reparto di Ematologia del San Maurizio ho trovato oltre ad una grande professionalità, anche profonda sensibilità. A partire dall’equipe di medici ed infermieri diretta dal primario Atto Billio».

Dopo la degenza, il ritorno finalmente a casa.

«L’intervento è andato bene, io però mi sentivo a pezzi. Ricordo che il giorno in cui sono uscito dall’ospedale, nel tragitto dal reparto al parcheggio, mi sono dovuto sedere due volte. Il rientro in famiglia è stato fondamentale per la ripresa che è stata comunque difficile: facevo fatica a spostarmi dalla cucina alla stanza. Uscivo solo per andare ai controlli medici: all’inizio erano due volte alla settimana; poi una volta. Fino a quando i valori del sangue hanno cominciato a rientrare lentamente nella normalità».

A settembre il ritorno al lavoro.

«Dopo la lunga assenza, avevo voglia di normalità. Che significava anche tornare in ufficio, scambiare due chiacchiere con i colleghi, bersi un caffè. Ovviamente, questo è stato possibile perché mi sono vaccinato».

Ad un anno di distanza dal trapianto, Baratta oggi ha voglia di rimettersi in gioco, regalando un po’ del suo tempo all’Admo, l’associazione in prima linea con la presidente Emanuela Imprescia nel diffondere - soprattutto tra i giovani - la cultura del dono. Dare la disponibilità ad entrare nel registro dei donatori di midollo come dire sì all’espianto degli organi, quando si sono spente tutte le speranze e la medicina è costretta ad alzare bandiera bianca, significa offrire una nuova chance a chi altrimenti non ne avrebbe più. L’Admo Alto Adige al momento ha 8.148 soci attivi: si tratta di persone tra i 18 e i 35 anni che non hanno mai donato, ma potrebbero un giorno essere chiamati a farlo.

«Nei due anni di pandemia - spiega la presidente - il numero delle donazioni effettive è rimasto invariato: 7 nel 2020; 6 nel 2021. A calare è stato il numero dei nuovi iscritti: 290 nel 2021; in genere negli anni normali sono intorno ai 500. Il motivo è chiaro. Durante il lockdown la nostra attività non si è interrotta, ma ha subito un forte rallentamento. Adesso abbiamo ripreso con l’opera di informazione e sensibilizzazione a partire dalle scuole».













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