Cure di fertilità senza requisiti Medico condannato a risarcire 

Il professionista specializzato dovrà rimborsare per oltre 60 mila euro dodici Aziende sanitarie locali I farmaci per la stimolazione ovocitaria vennero caricati indebitamente sul sistema sanitario pubblico


di Mario Bertoldi ; w


BOLZANO. Un medico altoatesino è stato condannato dalla Corte dei Conti a risarcire una serie di Aziende sanitarie locali per le spese fatte sostenere al sistema sanitario nazionale per cure di fertilità che non avrebbero potuto essere sovvenzionate a livello pubblico.

Si tratta di un medico specializzato che dovrà mettere mano al proprio portafoglio per far fronte ad un risarcimento complessivo di poco superiore a 61 mila euro. La sentenza condanna il professionista a risarcire l’azienda sanitaria altoatesina per 12.297,08 euro e quella trentina per 4706,82 euro. Gli altri soldi dovranno essere versati nelle casse delle Asl del Veneto, Friuli, Emilia Romagna, Toscana, Lombardia, Liguria , Lazio, Marche, Puglia ed Umbria. In sostanza la Corte (presidente Donata Cabras, consiglieri Enrico Marinaro e Irene Thomaseth) ha accolto l’impostazione della Procura contabile che aveva sottolineato la presunta illegittimità di alcune cure cui sono state sottoposte alcune pazienti nell’ambito di un progetto di procreazione assistita a carico del servizio sanitario nazionale.

In realtà il finanziamento pubblico delle cure sarebbe stato riconosciuto anche a favore di pazienti ed aspiranti madri che non avrebbero più avuto alcun diritto a questo tipo di trattamento per mancanza di alcuni requisiti di base, tra i quali anche l’età.

Le disposizioni in materia, infatti, pongono dei limiti sull’età anagrafica delle pazienti che non può essere superiore ai 45 anni di età. Il medico finito sotto accusa era stato citato in giudizio dalla Procura contabile nel giugno di due anni fa.

Si tratta di un medico meranese molto impegnato nel settore della procreazione assistita. Erano stati alcuni controlli di carattere amministrativo a far emergere che il professionista in questione aveva prescritto farmaci per la stimolazione ovocitaria ponendoli a carico della sanità pubblica a pazienti che non ne avevano diritto.

Si trattava in effetti di aspiranti madri che avevano intrapreso una terapia di tipo eterologo (che non prevede alcun farmaco per la stimolazione ovocitaria stante la donazione proveniente da un’altra donna) e di donne che avevano superato il limite di età stabilito dalla normativa in vigore.

In fase di citazione a giudizio, al medico meranese venne richiesto un risarcimento di 68.956 euro, oltre ovviamente alla rivalutazione della somma per gli interessi maturati e le spese di giudizio. Nell’atto di citazione la Procura contabile fu particolarmente severa e parlò di «doloso esercizio da parte del professionista delle sue funzioni accertative e prescrittive». In sentenza i giudici prendono atto che il medico non si è sostanzialmente difeso nel merito delle contestazioni arrivando alla conclusione che la domanda risarcitoria va accolta.

I giudici rilevano anche che il medico altoatesino citato in giudizio anche per pazienti di età superiore ai 45 anni residenti in altre zone d’Italia non ha mai fornito l’autorizzazione preventiva delle autorità sanitarie locali di competenza. In sentenza i giudici sottolineano anche che in fase esecutiva e di applicazione della sentenza dovranno essere evitate «qualsivoglia duplicazione o eccedenza risarcitoria in favore dei servizi sanitari» interessati. Le spese di giustizia riconosciute dai giudici e assegnate a carico del medico sono state quantificate in 1463,12 euro.

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