Dipendenza da smartphone Il pericolo già a dieci anni

La psicologa della polizia: «Tecnologia delicata nell’età dello sviluppo»


di Alan Conti


BOLZANO. Può succedere anche a dieci anni. L'abbassamento dell'età in cui le dipendenze possono cominciare ad allungare i tentacoli è una caratteristica della società di oggi. Si beve prima rispetto al passato, si fuma prima rispetto al passato, si fa l'amore prima rispetto al passato e si vuole lo smartphone molto presto, anche se in passato non esisteva. Ecco, dunque, che la dipendenza dallo strumento digitale è probabilmente quella che per primi bisogna evitare. Che poi non si tratta, ovviamente, di un legame con l'oggetto in sé, ma con tutte le sue applicazioni comunicative o ludiche con l'aggiunta che i primi guardiani, i genitori, non hanno un'esperienza giovanile in tal senso. A raccontarne l'approccio è la psicologa della polizia della questura di Bolzano Silvia Mulargia che in questo campo lavora a stretto contatto con la sezione postale.

Davvero si parte così piccini?

«Studi nazionali multidisciplinari consigliano l'utilizzo del telefono a partire dai 10 ai 12 anni. Da quel momento bisogna stare attenti perchè la connessione a internet che hanno ormai tutti i telefoni comporta una serie di rischi molto seri in età di sviluppo. Ovviamente si tratta di pericoli agganciati al contatto con contenuti e immagini non adeguati a un percorso di crescita cognitiva ed emotiva».

Il rischio della dipendenza è lo stesso che ha un computer?

«Parliamo di dipendenza quando registriamo un uso eccessivo del telefono e delle sue applicazioni sia in termini di quantità di tempo e comunicazioni sia in termini di qualità del rapporto con l'oggetto. Non va bene, per esempio, attribuirgli una valenza affettiva troppo alta».

Parlare di rischi in fase di sviluppo significa avere dei riflessi sulla crescita futura.

«Esattamente. C'è il pericolo che lo smartphone diventi un sostituto della comunicazione reale e un antidepressivo contro la solitudine o l'isolamento. La comunicazione verbale delle emozioni, anche con il linguaggio del corpo, non può essere così anestetizzata. O standardizzata».

Meglio insistere per una telefonata o un incontro occhi negli occhi piuttosto che un messaggio?

«Assolutamente, ma quello vale anche per gli adulti. Sempre».

Tutto questo, naturalmente, non deve portare a un divieto assoluto di cellulare.

«Il segreto è usarlo poco e per breve tempo, ma usarlo. Non più di un'ora e mezza al giorno tra tutte le funzioni a disposizione».

La dipendenza, chiaramente, non viene a presentarsi dando la mano. Come fanno i genitori ad accorgersi del suo arrivo?

«Ci sono dei segnali come un figlio che non abbandona mai il cellulare, non lo spegne a tavola, a scuola e nemmeno durante la notte. Bisogna riflettere, inoltre, quando si percepisce un bisogno di contatto virtuale continuo con qualcuno e quando aumenta il nervosismo e l'aggressività di fronte a limiti posti nell'utilizzazione del dispositivo. Poi vale sempre il consiglio di parlare sempre apertamente dei rischi e dei pericoli con i propri figli. È fondamentale che i ragazzi sviluppino sempre di più un pensiero critico e non stereotipato. Devono essere consapevoli, per esempio, che un uso sbagliato della rete può condurli a commettere dei reati o a subirli. Pensiamo alle forme di sviluppo del cyberbullismo o del cybertsalking. Oltre al sexting, il parlare di sesso su questi supporti, diffuso tra coetanei ma che porta spesso l’attenzione della pedopornografia».

Il capitolo dei consigli viene poi rimpolpato da un prezioso vademecum stilato dalla postale coordinata da Ivo Plotegher per evitare sorprese nella navigazione. «Importante non dare mai i propri dati nei giochi e nelle chat e rifiutare ricariche o premi facili in arrivo da anonimi. Mai incontrare persone conosciute sul web senza avvertire i genitori e, in ogni caso, farlo semmai in un luogo aperto e con almeno altri due amici». C'è, infine, un allarme strettamente legato al telefonino piuttosto nuovo. «E' molto pericoloso richiamare col telefono numeri sconosciuti da cui provengono squilli o chiamate mute. Purtroppo è una delle nuove tecniche utilizzate da alcuni pedofili per l'adescamento dei minori».

Oltre che in casa, comunque, l’educazione a un buon utilizzo del digitale può e deve avvenire anche a scuola. Per questo la polizia postale da anni svolge incontri negli istituti e nelle associazioni giovanili per affrontare direttamente tutte queste tematiche. Il bilancio è crescente e incoraggiante. Al termine dell’ultimo anno scolastico, infatti, gli appuntamenti sono aumentati dai 102 dell’anno precedente a 129. Evidentemente c’è una forte richiesta di scoprire da vicino il fenomeno. Le persone (in stragrande maggioranza ragazzi) incontrati sono circa 11.000 ben 93 di questi incontri sono stati svolti in lingua tedesca.

Molto spesso, infine, alle conferenze chiedono di partecipare anche i genitori. In fondo l’esplosione della tecnologia è un fenomeno piuttosto giovane, nei tempi e nell’uso, e va conosciuto a posteriori per educare a priori.

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