Quartieri

Don Bosco, i parrocchiani lasciano il cibo a chi ha bisogno 

Prima del Covid don Zuliani organizzava una raccolta alimentare in fondo alle chiese di Don Bosco e Pio X. Il Covid ha spazzato via l’iniziativa, ma tanti anziani la portano avanti ugualmente. Molto attive San Vincenzo e Caritas


Sara Martinello


BOLZANO. Prima della pandemia, nelle chiese di Don Bosco e di Pio X si faceva una colletta alimentare settimanale. In fondo alla navata i fedeli lasciavano un pacco di pasta, una bottiglia di passata, qualcuno addirittura un sacchetto della spesa intero; tutto veniva poi distribuito alle persone e alle famiglie più bisognose. Pure tra le forti limitazioni dell’era Covid, qualcuno se ne ricorda ancora. E a volte capita che lasci un pacco di biscotti, una bottiglia d’olio, il caffè. Un ritaglio di solidarietà, un raggio di sole nell’età buia della chiusura e della diffidenza.

Don Gianpaolo Zuliani guida 20 mila anime. O almeno questa è la portata delle parrocchie di via Sassari e di via Barletta, anche se negli ultimi due anni la flessione delle presenze c’è stata, come ovunque. Don Zuliani è stato fra i primi in Alto Adige a trasmettere la messa su Youtube, ancora nel marzo del 2020. La ripresa c’è stata con le attività estive per bambini e ragazzi, con la catechesi per comunioni e cresime. Ma la gente arranca e non arriva alla metà del mese. Qui entrano in gioco le realtà che collaborano con Don Bosco e Pio X, cioè la San Vincenzo – ogni settimana cento persone aiutano nella distribuzione alimentare – e la Caritas diocesana col suo centro d’ascolto, una decina di volontari che si occupano anche di aiuti finanziari. Solida la collaborazione col Banco alimentare, che si realizza nella grande giornata nazionale della colletta.

La comunità di don Zuliani può contare su un gruppo di venti, venticinque volontari, con un coordinatore del centro d’ascolto della Caritas: «Aiutano le famiglie, ascoltano, mettono nel web le informazioni in modo che tutti possano usufruirne. E poi c’è la collaborazione con i servizi sociali. In questo modo l’aiuto è reale ed efficace». Il parroco spiega chi siano, i destinatari delle forme di sostegno messe in campo. «Di solito sono famiglie, famiglie con più di due figli. Anzi, vengono moltissimi bambini a “fare la spesa”, a ritirare il pacco alimentare insieme ai loro genitori. Ci sono anche padri divorziati. Rom e sinti sono aiutati molto. Tante delle persone sostenute sono musulmane. Ci sono persone nate al di fuori dell’Unione Europea e altre nate entro i confini italiani. Qui non siamo a Gries, dove il benessere è più diffuso. Siamo in un quartiere che storicamente è stato di famiglie operaie e che ancora oggi mantiene un carattere più popolare rispetto ad altre zone. Comunque non guardiamo in faccia a nessuno, quando si dona nazionalità, cultura e religione non contano».

Con la flessione delle presenze nelle chiese, un contatto con la parte della comunità “altra” rispetto al gruppo dei fedeli può essere un toccasana. Nascono amicizie, in quest’opera di aiuto? «Sì, si può anche arrivare a un certo tipo di rapporto, ma era più facile prima del Covid, quando i giovani andavano di casa in casa coi pacchi alimentari. Ora sono le persone a venire da noi», risponde il parroco. Di casa in casa. Quando si deve o si può, a fare qualche visita ci si riesce ancora. Spesso colpisce un altro tipo di povertà, dice don Zuliani, la povertà culturale. Gli apparecchi tecnologici di valore e il bisogno di un aiuto per sfamare tutta la famiglia. «Ma d’altra parte – prosegue – è così ovunque. È un aspetto su cui lavorare: bisognerebbe stabilire con queste famiglie un rapporto più stretto».

E la raccolta alimentare in fondo alle chiese? «Speriamo di poterla ripristinare il prima possibile».













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